2014-05-12 14:24:23

Sudest asiatico: non si ferma lo sbarco dei profughi


Continua a crescere il numero dei boat-people che sbarcano sull’immenso arcipelago dell’Asia sud-orientale e da cui spesso ripartono nel tentativo di raggiungere le coste australiane nonostante la stretta politica applicata dal governo di Canberra a partire dalla fine dello scorso anno.

Una tendenza in corso da anni - riferisce l'agenzia Misna - alimentata dai fronti di conflitto mediorientali, ma anche da persecuzioni e mancanza di prospettive. Secondo i dati diffusi dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, sono stati 8.332 quelli censiti lo scorso anno, con una crescita drammatica dal 2008, quando furono 385; quasi decuplicati due anni dopo e poi saliti esponenzialmente.

A confermarlo in modo esplicito, il dato di 10.623 profughi e rifugiati contati dall’Unhcr nei primi tre mesi dell’anno, un dato che - segnala il funzionario delle relazioni esterne del Commissariato Mitra Salima Suryono - è “destinato a salire durante l’anno”.

In maggioranza arrivano da Afghanistan, seguiti da Myanmar, Iran, Somalia e Sri Lanka, cercando una nuova patria e spesso una vera sicurezza in Australia e Nuova Zelanda, preferiti tra i 26 Paesi disposti all’accoglienza secondo accordi con il governo di Jakarta. Alla fine, però sono pochi quelli che riescono nel loro intento. Complessivamente coloro che vengono reindirizzati verso i due Paesi australi dall’Unhcr sono circa 800.

Gli altri restano bloccati sulle coste indonesiane, oppure fermati e rispediti indietro dalle motovedette australiane o inviati nei luoghi di detenzione stabiliti dal governo di Canberra in accordo con quelli di Papua-Nuova Guinea e Nauru. (R.P.)







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