Referendum Ucraina: Mosca riconosce la volontà popolare e invita al dialogo tra le
parti
In Ucraina, dopo il voto referendario sull’indipendenza delle regioni di Donetsk e
Lugansk, e la vittoria schiacciante dei filorussi, si registrano le prime reazioni
di Mosca. Il Cremlino, riconoscendo la volontà popolare, invita al dialogo il governo
di Kiev e le forze separatiste, non escludendo la mediazione dell’OSCE. Netta la posizione
dell’Unione Europea che ha ribadito l’illegalità delle consultazioni di ieri. Ce ne
parla Gianmichele Laino:
Non si è fatta
attendere la presa di posizione di Mosca sui referendum indipendentisti nelle regioni
di Donetsk e Lugansk, nell’est dell’Ucraina. Da una nota dell’ufficio stampa del Cremlino
si apprende che il governo russo rispetterà la volontà delle popolazioni chiamate
al voto, sperando comunque nel dialogo tra i rappresentanti di Kiev e l’opposizione
separatista.
Nella stessa nota diffusa in mattinata, inoltre, vengono sottolineate
le altissime percentuali di affluenza alle urne, nonostante i tentativi di far fallire
i referendum. Il governo ucraino, infatti, aveva definito il voto “una farsa senza
alcun esito giuridico”, mentre nella giornata di ieri – a seggi aperti – si sono registrati
scontri tra filorussi e uomini armati fedeli a Kiev.
Netta anche la posizione
dell’Ue: a margine del Consiglio Affari Esteri, i ministri europei hanno ribadito
l’illegittimità e l’illegalità delle consultazioni sull’indipendenza delle regioni
orientali dell’Ucraina. Molto dure anche le parole del portavoce del cancelliere tedesco,
Angela Merkel, che ha affermato l’impossibilità da parte della comunità internazionale
di riconoscere un voto del genere.
La volontà comune, tuttavia, resta quella
di avviare le mediazioni. Si spiega in quest’ottica la nomina del diplomatico dell’Osce,
Wolfgang Ischinger. Sarà lui a cercare di instaurare un dialogo tra le parti nel più
breve tempo possibile.
Ma quali riflessi potrà avere il referendum? Alessandro
Guarasci ha sentito Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni
internazionali all’Università del Salento:
R. – Sinceramente,
non so se l’idea della secessione sarà immediatamente fattibile. Innanzitutto, c’è
una data da tenere presente, che è quella del 25 maggio, cioè le elezioni presidenziali.
Probabilmente tutti nell’area, ma soprattutto Putin, stanno aspettando che le elezioni
si svolgano per vedere come si comporteranno gli elettori ucraini, anche perché in
campo, non dimentichiamo, c’è la signora Timoshenko, che se dovesse essere eletta
sarebbe un gravissimo ostacolo sulla strada della pace e della convivenza con la Russia
di Putin.
D. – Una possibile secessione converrebbe davvero alla Russia?
R.
– Non credo, in un primo momento, Putin abbia messo in conto la secessione di un’ulteriore
area oltre alla Crimea. Il Donetsk non è un’area qualsiasi: da sola rappresenta almeno
il 20% del pil dell’intera Ucraina. Di certo, la difesa di quell’area ma soprattutto
delle popolazioni di lingua e cultura russa sta molto a cuore a Putin, soprattutto
dopo quello che è successo ad Odessa.
D. – Lei come giudica l’atteggiamento
dell’Europa, che sotto alcuni aspetti è stato, diciamo, oscillante?
R. – L’Europa
non prende una decisione, in un senso o in un altro. Sì, è vero, minaccia le sanzioni,
ma che tipo di sanzioni? E queste sanzioni possono essere dannose per la Russia o
potrebbero essere dannose per l’Europa stessa? La storia corre e l’Europa è sempre
dietro.