Nigeria. Boko Haram, video su ragazze rapite: libere in cambio di prigionieri rilasciati
Novità sul caso delle quasi trecento studentesse rapite nel mese scorso in Nigeria
da gruppo integralista islamico Boko Haram, che ha diffuso stamani un nuovo video
dove compaiono un centinaio delle giovani coperte dal velo, raccolte in preghiera,
e si sente la voce del leader del movimento, Abubakar Shekau, proporre la liberazione
delle adolescenti in cambio del rilascio di prigionieri appartenenti al movimento.
Roberta Gisotti ha intervistato la prof.Anna Bono, docente di
Storia e istituzioni dell’Africa all’Università di Torino:
“Vogliamo vedere
azioni concrete per riportare a casa le ragazze rapite”, ha chiesto il cardinale John
Onaiyekan, arcivescovo di Abuja. Ed ha aggiunto: “E' sconcertante che il nostro presidente
sembri impotente”. Prof.ssa Bono, possiamo interpretare il video e l’offerta di Boko
Haram come gesto di apertura e risultato alle pressioni internazionali per liberare
le giovani nigeriane?
R. – Indubbiamente, la mobilitazione internazionale ha
avuto la sua importanza nel decidere Boko Haram a intraprendere un passo che non possiamo
che sperare sia positivo. Nei giorni scorsi, vista l’incapacità – forse anche la scarsa
volontà del governo nigeriano di agire efficacemente e di ritrovare le ragazze rapite
– una serie di Paesi a partire dagli Stati Uniti, Italia compresa, hanno messo a disposizione
del governo di Abuja forze di intelligence, specialisti nel settore dei rapimenti,
proponendo inoltre di creare una struttura più organica, e magari anche destinata
a durare, per intervenire in Nigeria non soltanto per risolvere questo problema, ma
per affrontare in modo finalmente efficace il problema di Boko Haram, questo movimento
che ormai da anni imperversa nel Nord – e non solo nel nord della Nigeria – nella
sua intenzione di porre la sharia in tutto il Paese e che è altresì responsabile
ormai di migliaia e migliaia di morti.
D. – Avrà quindi anche contato la proposta
fatta ieri dal presidente francese, Hollande, di tenere un vertice sulla sicurezza
nell’Africa Occidentale e sulla minaccia rappresentata da Boko Haram, giù sabato prossimo
a Parigi…
R. – Mi riferivo proprio a questo, specificando che, in effetti,
Boko Haram e altri movimenti jihadisti ad esso legati rappresentano un problema non
soltanto per la Nigeria, ma per tutta l’Africa occidentale e ormai direi anche per
una fascia di Paesi dell’Africa subsahariana che arriva fino al Kenya alla Tanzania
e alla Somalia.
D. – Riguardo al progetto di Boko Haram di islamizzare con
forza tutte le popolazioni, che senso può avere il fatto di avere ripreso in questo
video le ragazze coperte integralmente dal velo e in posizione di preghiera?
R.
– Una parte di queste ragazze, forse il 90%, sono cristiane. Nel video, mi sembra
di capire che Boko Haram affermi di averle costrette a convertirsi all’islam.
D.
- Quindi, da un lato questa sarebbe una provocazione unita però a un’apertura a trattative?
R.
- La trattativa, in sostanza, dovrebbe consistere in uno scambio di prigionieri. Mentre
inizialmente, qualche giorno fa Boko Haram aveva dichiarato l’intenzione di voler
in parte vendere le ragazze e in parte costringerle a sposare dei jihadisti, sembra
che adesso invece, anche sotto la pressione degli ultimi avvenimenti, abbia cambiato
idea e intenda chiedere la liberazione di prigionieri del movimento attualmente nelle
carceri nigeriane.
D. - Un’eventuale trattativa avrà ripercussioni politiche
all’interno della Nigeria?
R. - Per essere realistici, uno dei motivi che hanno
indotto il governo nigeriano a muoversi, dopo quasi un mese di pressoché totale inattività,
è il fatto che all’interno del Paese il rapimento delle ragazze ha provocato una reazione
molto vivace e molto sentita. Non si può dire che il Paese sia insorto, ma ci sono
state delle manifestazioni di protesta anche nella capitale Abuja. Il governo deve
essersi reso conto che la sua credibilità, già compromessa da mesi, stava ricevendo
un duro colpo. L’anno prossimo il Paese andrà alle elezioni, quindi recuperare la
fiducia e il consenso della popolazione può essere uno dei motivi che – per fortuna
– stanno inducendo il governo nigeriano a diventare più attivo, ad accettare la collaborazione
internazionale, ad affrontare il problema di Boko Haram e dell’insicurezza.