Sud Sudan: dopo l'accordo la sfida è realizzare la pace
La comunità internazionale plaude all’accordo di cessate il fuoco per il Sud Sudan.
Il segretario di Stato americano, John Kerry, ha accolto positivamente l'intesa siglata
ieri ad Addis Abeba dal presidente, Salva Kiir, e dal suo ex vice, Riek Machar, oggi
alla guida dei ribelli. Forte l’invito alle parti che l’accordo sia concretamente
applicato. Questo rappresenterebbe una svolta dopo cinque mesi di sanguinosa guerra
civile costata 10 mila morti e un milione di sfollati. Delle prospettive di pacificazione,
Giancarlo La Vella ha parlato con Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni
dei Paesi africani all’Università di Torino:
R. – L’accordo
siglato, ieri, prevede l’immediato cessate-il-fuoco. E’ inoltre prevista la formazione
di un governo di transizione in vista della riscrittura della Costituzione e nuove
elezioni. Il punto fondamentale è la composizione di questo governo. La speranza è
che questo esecutivo riequilibri il potere tra le varie componenti etniche del Paese.
Insieme a questo occorre che – comunque sia riorganizzato l’apparato statale – ci
sia un impegno reale nel senso del buon governo, combattendo una corruzione, che purtroppo
in Sud Sudan, come in altri Stati africani, non ha limiti.
D. – Il fatto che
la firma dell’accordo sia avvenuta con una certa formalità e che l’intesa stessa abbia
preso in esame, per esempio, l’aspetto umanitario con la possibilità di creare corridoi
a vantaggio dei civili, vuol dire che questa volta si sta facendo sul serio rispetto
ad altre volte?
R. – Con tutta la prudenza che si deve usare in queste situazioni,
se non altro si può dire che le pressioni internazionali e anche interne – prima fra
tutte la Chiesa – hanno sortito un primo risultato. In effetti in questo accordo è
esplicitamente detto anche che si attiveranno immediatamente dei meccanismi per poter
assistere una popolazione che, già stremata da una guerra civile durata decenni, si
trova di nuovo e per l’ennesima volta letteralmente alla fame. Si parla di 5 milioni
di persone che hanno bisogno di aiuto immediato! C’è poi circa un milione di profughi
e di sfollati e bisogna anche considerare che, se davvero sono morte più di 10 mila
persone, ci sono migliaia e migliaia di famiglie che non solo piangono dei congiunti,
ma che hanno anche bisogno di sostegno materiale, perché probabilmente sono morti
gli adulti di queste famiglie: mancano dei genitori, mancano dei padri, mancano delle
madri… E poi molte città e molti villaggi sono stati ridotti in macerie, incendiati,
devastati… Quindi questo aspetto è essenziale!