2014-05-10 14:21:21

Sud Sudan: dopo l'accordo la sfida è realizzare la pace


La comunità internazionale plaude all’accordo di cessate il fuoco per il Sud Sudan. Il segretario di Stato americano, John Kerry, ha accolto positivamente l'intesa siglata ieri ad Addis Abeba dal presidente, Salva Kiir, e dal suo ex vice, Riek Machar, oggi alla guida dei ribelli. Forte l’invito alle parti che l’accordo sia concretamente applicato. Questo rappresenterebbe una svolta dopo cinque mesi di sanguinosa guerra civile costata 10 mila morti e un milione di sfollati. Delle prospettive di pacificazione, Giancarlo La Vella ha parlato con Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dei Paesi africani all’Università di Torino: RealAudioMP3

R. – L’accordo siglato, ieri, prevede l’immediato cessate-il-fuoco. E’ inoltre prevista la formazione di un governo di transizione in vista della riscrittura della Costituzione e nuove elezioni. Il punto fondamentale è la composizione di questo governo. La speranza è che questo esecutivo riequilibri il potere tra le varie componenti etniche del Paese. Insieme a questo occorre che – comunque sia riorganizzato l’apparato statale – ci sia un impegno reale nel senso del buon governo, combattendo una corruzione, che purtroppo in Sud Sudan, come in altri Stati africani, non ha limiti.

D. – Il fatto che la firma dell’accordo sia avvenuta con una certa formalità e che l’intesa stessa abbia preso in esame, per esempio, l’aspetto umanitario con la possibilità di creare corridoi a vantaggio dei civili, vuol dire che questa volta si sta facendo sul serio rispetto ad altre volte?

R. – Con tutta la prudenza che si deve usare in queste situazioni, se non altro si può dire che le pressioni internazionali e anche interne – prima fra tutte la Chiesa – hanno sortito un primo risultato. In effetti in questo accordo è esplicitamente detto anche che si attiveranno immediatamente dei meccanismi per poter assistere una popolazione che, già stremata da una guerra civile durata decenni, si trova di nuovo e per l’ennesima volta letteralmente alla fame. Si parla di 5 milioni di persone che hanno bisogno di aiuto immediato! C’è poi circa un milione di profughi e di sfollati e bisogna anche considerare che, se davvero sono morte più di 10 mila persone, ci sono migliaia e migliaia di famiglie che non solo piangono dei congiunti, ma che hanno anche bisogno di sostegno materiale, perché probabilmente sono morti gli adulti di queste famiglie: mancano dei genitori, mancano dei padri, mancano delle madri… E poi molte città e molti villaggi sono stati ridotti in macerie, incendiati, devastati… Quindi questo aspetto è essenziale!








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