Scontri in Ucraina alla vigilia del referendum nell’est del Paese: almeno 21 le vittime
In Ucraina è di 21 morti il bilancio degli scontri a Mariupol, strategica città costiera
nella regione di Donetsk, al centro negli ultimi giorni di furiose battaglie tra filorussi
e truppe ucraine. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Alla vigilia
dal referendum di Donetsk, è sempre più critica la situazione nell’est dell’Ucraina.
Ieri, nel giorno del 69.mo anniversario della vittoria dell'Armata rossa sulle truppe
naziste, almeno 21 persone sono morte in seguito a scontri tra separatisti filorussi
e truppe ucraine. Sempre nella regione di Donetsk, un prete ortodosso è stato ucciso
nei pressi di un posto di blocco degli insorti filorussi. La chiesa ortodossa ucraina
del patriarcato di Mosca ha confermato la morte del religioso aggiungendo che al momento,
però, non sono ancora chiare le dinamiche dell’omicidio. Intanto, il presidente russo
Valdimir Putin, partecipando ieri a Mosca e a Sebastopoli alle celebrazioni nell’anniversario
della vittoria sovietica nella Seconda guerra mondiale, ha ribadito che “il ritorno
della Crimea alla Russia ristabilisce la verità storica”. Critiche per la visita di
Putin in Crimea, condannata fermamente da Kiev, sono state espresse anche da Nato
e Stati Uniti. In questo clima di forte tensione si terrà domani il referendum separatista
indetto dai filorussi nell’Ucraina orientale.
L’area orientale dell'Ucraina
è molto diversa dalla Crimea. E' quanto sottolinea Serena Giusti ricercatrice
dell’Istituto studi politica internazionale (Ispi), intervistata da Gabriella Ceraso:
"E’ una zona
fortemente industrializzata e la presenza russa è meno forte rispetto a quella della
Crimea, dove la maggioranza della popolazione è russa;c’è una storia diversa, una
identità russa meno forte: quindi diciamo che un passaggio alla Russia sarebbe non
così immediato, anche perché questo rimetterebbe in gioco la stessa esistenza dell’Ucraina.
Un atto molto più grave che credo, in questo momento, la Russia non auspichi. Comunque
è un referendum e quindi non necessariamente poi può segnare il passaggio di una annessione.
Certo una prevalenza dei “sì” renderebbe poi più difficile anche un processo di conciliazione.
Il settore economico è controllato dagli oligarchi e gli oligarchi temono una secessione,
perché perderebbero parte del loro potere e della loro autonomia. Quindi, oltre ad
una opposizione da parte del governo centrale, c’è anche l’opposizione di questa classe
degli oligarchi".