Ieri pomeriggio, Papa Francesco ha ricevuto in udienza privata il cardinale Angelo
Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, e ha autorizzato la Congregazione
a promulgare il Decreto riguardante la prossima Beatificazione di Paolo VI. Papa Montini
sarà proclamato Beato in Vaticano il 19 ottobre prossimo. Alla sua intercessione è
stata ricondotta l’inspiegabile guarigione di un bambino ancora non nato che rischiava
la morte o gravi malformazioni. Un miracolo che ricorda il grande impegno di Papa
Paolo VI a tutela della vita e contro aborto e contraccezione espresso in particolare
nell’Enciclica “Humanae Vitae”. Una posizione ferma che suscitò non poche critiche.
Adriana Masotti ha sentito il postulatore della Causa, padre Antonio Marrazzo:
R. - Lui fino
alla fine ha detto: “Non mi pentirò mai di quello che ho fatto, di quello che ho scritto”,
perché l’Enciclica è stata letta anche in modo riduttivo. Voleva essere l’Enciclica
sull’amore coniugale, il discorso è quindi molto più vasto, solo che poi ne è stata
fatta una lettura un po’ unilaterale da parte di alcuni. Io penso che l’idea di Montini
fosse, da un lato, quella di conservare la continuità di quello che era il patrimonio
dottrinale della Chiesa; dall’altro lato, cercare di venire incontro a ciò che è il
valore della realtà coniugale della famiglia, alle urgenze che si presentavano nel
mondo moderno. Ovviamente di fronte a certe cose c’è sempre chi è d’accordo e chi
non è d’accordo. Paolo VI era dispiaciuto più che altro, per la violenza di alcune
delle risposte che c’erano state. Però, non è stato turbato più di tanto; lui sapeva
di seguire quella che era la volontà di Dio in quel momento storico e lo ha fatto.
D.
- Paolo Vi ebbe l’arduo compito di portar avanti la Chiesa in un periodo difficilissimo:
contestazioni dentro e fuori l’ambito ecclesiale, calo delle vocazioni, sacerdoti
che abbandonavano la tonaca e in questo stanno anche, mi pare, la sua grandezza e
santità …
R. - Lui questo contesto lo ha vissuto e ha cercato di gestire la
cosa con estremo equilibrio e lo abbiamo visto; lui non ha tradito il patrimonio della
Chiesa sia in campo dogmatico, che morale, che pastorale. A volte ha potuto dare l’impressione,
secondo alcuni, di un Papa afflitto, di un Papa dubbioso, conflittuale all’interno.
Non è vero. Dalla documentazione che noi abbiamo vagliato viene fuori invece una persona
che viveva con speranza tutto questo. Lui ha cercato di equilibrare le cose: di essere
un po’ quel punto fermo, quella parola ferma che richiamava quelli che erano i valori
assoluti: Dio e l’uomo e quella che è la verità sia di Dio che dell’uomo.
D.
- Abbiamo appena vissuto le canonizzazioni di altri due papi e il Concilio è un grande
evento che lega Paolo VI a Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II …
R. – Sono le
canonizzazioni dei pontefici che hanno fatto e hanno vissuto il Concilio cercando
di attuare i dettami conciliari; un Concilio pastorale che è entrato in dialogo con
il mondo contemporaneo e con la modernità. Credo più che altro possa significare questo:
cercare di non dimenticare mai che la Chiesa è una realtà attiva e presente nel mondo
contemporaneo, nella realtà sociale, in tutti gli strati di questa realtà e che vuole
dialogare con l’uomo nel segno della Misericordia.
D. - Paolo VI concludeva
il Concilio Vaticano II nel ’65 con un’espressione di simpatia immensa nei confronti
del mondo moderno. È stato anche definito “l’uomo del dialogo” …
R. - Credo
che dai suoi scritti questo sia evidente e l’apice lo troviamo nell’Enciclica “Populorum
Progressio”, lui amava questo procedere dell’uomo; di un uomo che ha sfruttato,
ha usato la sua intelligenza come possibilità condividendo i doni che ha avuto. Il
discorso della modernità va letto in quest’ottica, secondo me. Non è un qualcosa che
tradisce il passato; io credo che in questo rimanga un po’ salda tutta quella che
è stata l’azione di Paolo VI: richiamare sempre che esiste un principio fondamentale,
cioè che l’uomo è un valore.
D. - In quanto a carattere, certamente Papa Montini
era diverso da Papa Roncalli, da Giovanni Paolo II e da Papa Francesco. Pensa che
il popolo cristiano lo ami, lo conosca, lo apprezzi per quanto merita o che ci sia
bisogno di riavvicinarsi alla sua persona?
R. - Io penso che più che riavvicinarsi,
bisogna un po’ riscoprirlo nella giusta ottica. Se ne parla poco, però da quello che
ho avuto modo di constatare, la memoria c’è ed è abbastanza evidente. In questi sette
anni, in cui io sono stato il postulatore della causa di Beatificazione di Paolo VI,
molte delle persone che ho incontrato di diverse nazioni mi hanno sempre detto: “Fai
in modo che diventi Beato!”, quasi come se dipendesse da me. Abbiamo bisogno di riscoprire
Montini: abbiamo bisogno di riscoprire quel periodo storico che lui ha guidato, e
più di tutto di ricomprendere pienamente oggi, a distanza di tempo, quindi con maggiore
lucidità, il valore della sua guida. Sotto questo aspetto posso anche dire che viene
invocato per grazie, per problemi … Quindi potremmo dire che la sua è una sorta di
fama di santità assopita, ma non dimenticata. Montini non è stato dimenticato. È ancora
un punto di riferimento forte.
Nella stessa udienza, il Papa ha autorizzato
il dicastero a propulgare il Decreto relativo alla Beatificazione del Venerabile Servo
di Dio Luigi Caburlotto, sacerdote diocesano, Fondatore dell'Istituto delle Figlie
di San Giuseppe; nato a Venezia (Italia) il 7 giugno 1817 ed ivi morto il 9 luglio
1897.
Con il riconoscimento delle virtù eroiche, diventano Venerabili il Servo
di Dio Giacomo Abbondo, sacerdote diocesano; nato a Salomino (Italia) il 27 agosto
1720 e morto a Tronzano (Italia) il 9 febbraio 1788; il Servo di Dio Giacinto Alegre
Pujals, sacerdote professo della Compagnia di Gesù; nato a Terrassa (Spagna) il 24
dicembre 1874 e morto a Barcellona (Spagna) il 10 dicembre 1930; e la Serva di Dio
Carla Barbara Colchen Carré de Malberg, Madre di famiglia, Fondatrice della Società
delle Figlie di San Francesco di Sales; nata a Metz (Francia) l'8 aprile 1829 e morta
a Lorry-les-Metz (Francia) il 28 gennaio 1891.