Il mondo si mobilita per la liberazione delle studentesse nigeriane
Tweet e appelli di personalità di tutto il mondo, compreso Papa Francesco, si susseguono
per chiedere la liberazione delle oltre 200 ragazze nigeriane rapite nei giorni scorsi
da "Boko Haram". Dopo gli esperti americani, arrivati nelle ultime ore, il Paese africano
aspetta ora l’inviato del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Anche la vedova
di Nelson Mandela ha chiesto la salvezza delle giovani. E la first lady americana,
Michelle Obama, ha sottolineato che il marito Barack farà di tutto per liberarle.
Su questa drammatica vicenda, Emanuela Campanile ha intervistato suorCaterina Dolci, missionaria delle suore del Bambino Gesù di Nicola Barrè, che
per 27 anni ha vissuto in Nigeria:
R. – Questo
ultimo episodio del rapimento di queste studentesse ha mobilitato l’opinione pubblica
e, secondo me, questo è un bene, comunque! Tantissime persone sono morte negli anni
passati nel silenzio assoluto o quasi! Quindi, secondo me, il fatto che ci si mobiliti
su questo episodio delle studentesse rapite è comunque un fatto molto positivo, certo,
non basta! In questo ultimo periodo purtroppo questa situazione ha creato una grande
diffidenza, perché nel momento in cui succede qualcosa, come un attacco da parte di
questi terroristi, cresce la paura. Non si sa più chi è il tuo vicino, se è un possibile
terrorista o una persona normale. Nel momento in cui dovesse succedere qualche scontro,
ci sarebbe inevitabilmente uno schieramento: da una parte i musulmani e dall’altra
parte, magari, i cristiani. Per cui si è creata una situazione che non corrisponde
a quello che, in fondo, è il desiderio della gente semplice, che è quello di continuare
a vivere tranquillamente. Ci sono, e questo anche nella città dove abitavo io, dei
gruppi di cristiani e musulmani che si sono uniti per difendersi contro eventuali
atti terroristici, perché in questo momento "Boko Haram" non guarda più soltanto ai
cristiani, non attacca soltanto i cristiani, ma attacca ogni zona. Tutti sono a rischio!
D.
– Le donne non hanno avuto paura di scendere in piazza. Sono tantissime le immagini
di queste mamme, di queste sorelle, con cartelli in cui c’è scritto: “Ridateci le
nostre ragazze!”…
R. – Anche io penso che questo sia un fatto veramente positivo,
è proprio impressionante, nel senso positivo. E per quanto so è la prima volta che
c’è un movimento così forte da parte delle donne. Comunque io credo che le donne nigeriane
possano essere una grande forza per combattere queste violenze, proprio perché stanno
emergendo. Anche il fatto che ci si metta contro l’educazione delle donne, secondo
me, nasconde in fondo in fondo una grande paura, perché le donne sono una grande forza!
Questo lo vedo in modo molto positivo e penso che sia anche un po’ una sorpresa per
"Boko Haram".
D. – La società nigeriana su quali principi è costituita? Ovviamente
c’è grande importanza per la figura dell’uomo, lo sappiamo, ma c’è un “ma” che ci
fa ben sperare per il futuro di questa gente?
R. – Io penso che la speranza
ci sia sempre! La Nigeria è una nazione talmente grande, dicono che ci siano 450-500
gruppi etnici diversi, per cui varia molto. Il fatto che adesso molte donne vengano
educate, vadano a scuola, e questo prima non accadeva, specialmente nelle zone del
Nord, è un punto di speranza. La gente nigeriana ha una capacità di affrontare le
sofferenze che sempre mi ha stupito: dopo una crisi sa riprendersi. E’ una società
anche molto religiosa, in questo periodo io ho visto che ovunque si prega, si digiuna
per controbattere a questa situazione drammatica. Io dico: se mancasse la speranza,
saremmo finiti! Ma ci sono dei punti di speranza. Il fattore religioso, quello che
c’era nella tradizione nigeriana e africana, come il rispetto della vita e il rispetto
degli anziani, sono stati travolti da questo terrorismo, però questi valori ancora
ci sono e se si riesce a puntare su quelli, io penso che con l’aiuto di Dio si riesca
a vincere. Una cosa senz’altro positiva è che i cristiani, di fronte a questa realtà,
non hanno reagito, non c’è in atto una guerra tra cristiani e musulmani: sono i terroristi
che attaccano i cristiani e anche gli altri, i musulmani moderati, che cercano di
difendersi. Per cui non bisogna cadere nella trappola di reagire, creando una guerra
contro qualcuno. I cristiani hanno mostrato un grande coraggio e una grande fede.
Certo, vanno sostenuti con la nostra preghiera, con la nostra attenzione e anche,
forse, con i nostri aiuti economici, perché il Nord soprattutto si è impoverito, così
come tutta la Nigeria si impoverisce a causa di questi attacchi terroristici.