Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
Nella Quarta Domenica di Pasqua, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù si
presenta come il buon pastore che conosce e si prende cura delle sue pecore. Lui è
anche la porta delle pecore: chi entra da un’altra parte è un ladro e un brigante.
Quindi aggiunge:
“Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà
salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare,
uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.
Su
questo brano evangelico, ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto
agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:
Oggi è la Domenica
del Buon Pastore, del “Pastore grande delle pecore” (Eb 13,20), costituito e inviato
dal Padre, venuto perché le pecore abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Il giardino
dell’Eden, da cui l’uomo è stato cacciato, perché l’uomo non torni ad allungare la
sua mano verso l’albero della vita (cf Gen 3,24), ha ora un accesso nuovo, una nuova
porta: “Io sono la porta delle pecore”, dice Gesù; attraverso di me c’è la salvezza,
si trova pascolo. Questa “porta”, questo “pastore”, che guida l’umanità intera alle
acque della vita, è il Cristus totus, Cristo e il suo corpo che è la Chiesa; ma nella
Chiesa si fa presente nelle persone dei ministri, che agiscono “in persona Christi”,
a nome e con l’autorità di Cristo. Questo è un ministero, non un modo per costruire
se stessi, per cercare la lana e il latte delle pecore per sé (cf S. Agostino, Discorso
sui pastori); significa essere “come Cristo” nel portare l’”odore delle pecore”, come
dice Papa Francesco: “Chi non esce da sé, invece di essere mediatore, diventa a poco
a poco un intermediario, un gestore. Tutti conosciamo la differenza: l’intermediario
e il gestore ‘hanno già la loro paga’ e siccome non mettono in gioco la propria pelle
e il proprio cuore, non ricevono un ringraziamento affettuoso, che nasce dal cuore.
Da qui deriva precisamente l’insoddisfazione di alcuni, che finiscono per essere tristi,
preti tristi, e trasformati in una sorta di collezionisti di antichità, oppure di
novità, invece di essere pastori con ‘l’odore delle pecore’ – questo io vi chiedo:
siate pastori con ‘l’odore delle pecore’, che si senta quello… (Omelia del Giovedì
Santo, Santa Messa crismale, 28 marzo 2013).