Appello dell'Onu per la Somalia: si rischia una catastrofe umanitaria come nel 2011
A distanza di meno di tre anni dall’ultima gravissima carestia, nel 2011, che ha provocato
oltre 250 mila morti, la Somalia rischia una crisi analoga se non peggiore. L’allarme
è arrivato dalle Nazioni Unite, che chiede che vengano al più presto erogati i fondi
previsti a sostegno del lavoro delle organizzazioni umanitarie nel Paese che temono
di vedere bloccati i progetti a sostegno della popolazione, soprattutto di tipo sanitario.
Tre milioni le persone che rischiano di restare senza assistenza sanitaria, tra loro
molte donne e bambini. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
I numeri forniti
dall’Onu sono impressionanti: oltre 850 mila somali vivono in condizioni di crisi
ed emergenza, due milioni sono sotto il livello di sicurezza alimentare, oltre 50
mila bambini malnutriti rischiano la morte. Nonostante si tratti di una delle peggiori
catastrofi umanitarie al mondo, dei 933 milioni di dollari chiesti dalle agenzie dell’Onu
per il 2014, è stato erogato solo il 15%. “Se non riceveremo i fondi nelle prossime
settimane – avverte Philippe Lazzarini, coordinatore umanitario Onu in Somalia – saranno
interrotti i servizi di assistenza sanitaria”. La riflessione di Shukri Said,
giornalista somala, fondatrice dell’associazione Migrare:
R. – La comunità
internazionale deve prendere questo appello sul serio. Quello che potrebbe succedere
è una catastrofe umanitaria, come quella del 2011. Anzi, direi molto di più, perché
quelli che sono a rischio sanitario sono oltre tre milioni in Somalia, dove non esiste
sanità pubblica, ci sono piccoli ambulatori in ospedali privati, cui la gente non
ha accesso perché priva di risorse, quindi la massa della popolazione non ha assistenza
sanitaria. Non ci sono strutture pubbliche e le poche presenti non hanno medici e
mezzi sanitari sufficienti, non ci sono sale di rianimazione attrezzate, non ci sono
medici adeguati. Bisognerebbe ricostruire una sanità capillare su tutto il territorio
nazionale.
D. – Il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite, che si trova
in Somalia, ha denunciato tre ragioni per le quali la Somalia è veramente in una situazione
molto più che drammatica. La stagione delle piogge è in ritardo e c’è un continuo
aumento dei prezzi degli alimenti, e poi prosegue il conflitto. Ecco, queste lui le
identifica come tre cause di tutto ciò che sta accadendo nel Paese...
R. –
Ma, infatti, il Paese è in guerra. Il governo, la missione Amison (missione dell’Unione
Africana in Somalia, approvata dall’Onu ndr), le Nazioni Unite, stanno facendo la
guerra agli al-Shabaab, terroristi affiliati ad al Qaeda. Ma i problemi del Paese
sono strutturali, perché lo Stato è assente da 23 anni. E questo problema ha determinato
il collasso della stessa struttura dello Stato, sia a livello sanitario che di sicurezza.
Allora, la popolazione è in balia di guerre e carestie, è praticamente abbandonata
a se stessa. Queste tre cause sono poi collegate una all’altra. Se il Paese non verrà
ricostruito, se lo Stato somalo non verrà messo in sicurezza interamente, noi non
ne usciremo da tutto questo. E poi ci sono le carestie, che spengono le poche speranze,
perché lo Stato non è in grado di soccorrere, di fronteggiare, un’eventuale carestia,
non avendo né le risorse né i mezzi per gestirla. E’ assurdo, perché alla comunità
internazionale non mancano né i mezzi né le modalità, per fare il massimo sforzo e
mettere al sicuro il Paese una volta per sempre. Un esempio: nella zona liberata dagli
al-Shabaab, lo Stato somalo e la comunità internazionale non hanno un’altra amministrazione
che sia in grado di prendere il posto dei terroristi. Tutto viene lasciato gradualmente
a se stesso, perché non c’è un piano logico, che abbia un significato logico, in azione.