Venezuela. Nuovi scontri tra polizia e antigovernativi, ucciso un poliziotto
Da febbraio a oggi, la situazione in Venezuela è letteralmente precipitata. 41 morti
e oltre 700 feriti è il bilancio degli scontri tra polizia e manifestanti che protestano
contro il governo del presidente venezuelano, Nicolas Maduro. Nella giornata di ieri,
un poliziotto è stato ucciso in seguito alle operazioni di sgombero di 243 persone
dai “campeggi della libertà”, accampamenti alla periferia di Caracas eretti dagli
antigovernativi. Per fare il punto sulla difficile situazione politica nel Paese,
Gianmichele Laino ha intervistato Roberto Da Rin, giornalista de Il
Sole 24 Ore:
R. – Quella
venezuelana è una crisi che va avanti da molti anni e che vede una contrapposizione
forte tra due fazioni. Il Paese è spaccato in due: da un lato i chavisti – ormai eredi
del "chavismo" dato che Chávez è morto, ma il "chavismo" continua a vivere – e dall’altra
parte chi invece lo ha sempre avversato e ritiene che questo modello economico sia
superato e che si debba ristabilire una nuova prospettiva economica. Gli scontri continuano
a essere pretestuosi nel senso che, obiettivamente, ci sono manifestazioni importanti
quasi ogni giorno, però poi la vera ragione non è più solo economica ma è anche di
scelte politiche radicali.
D. – Il presidente Maduro a inizio aprile aveva
fatto dei tentativi di mediazione e il dialogo tra governo e opposizioni sembrava
avviato. Poi si è bloccato tutto. Quali sono le ragioni di questo stallo?
R.
– Ovviamente, quando un Paese è spaccato in due, come lo è il Venezuela, qualsiasi
mediazione è complessa. Quindi, la ragione per cui non si è ancora arrivati a degli
accordi risiede nella complessità delle vicende che lo attanagliano. Gli obiettivi
della mediazione comunque sono prevalentemente economici.
D. – Intanto, il
bilancio degli scontri si aggrava. Più volte, ong statunitensi hanno denunciato abusi
sui manifestanti. C’è il rischio di una rottura degli equilibri anche da un punto
di vista umanitario?
R. – Questa la vedo un’ipotesi remota, anche perché questi
scontri – che peraltro ci sono e anche un poliziotto è stato ucciso ieri – sono fatti
indiscutibilmente gravi. Comunque, da molto tempo è un Paese dove c’è una violenza
diffusa che va ben oltre il poliziotto ucciso. Ogni giorno muoiono decine di persone
in scontri di vario genere, a Caracas e nelle favelas. Quindi, prima che si possa
indurre la comunità internazionale ad assumersi responsabilità forti, mi sembra un’ipotesi
poco plausibile, anche perché finora la dinamica degli scontri che hanno poi provocato
morti se la rimpallano governo ed opposizione. Nessuno si assume la piena responsabilità
e la ricostruzione dei fatti è sempre aleatoria e ovviamente pretestuosa a seconda
di chi racconta lo svolgimento di tali fatti.