Il premier italiano Renzi: l'Europa è un destino comune
L'Italia, nel semestre di presidenza europea, provvederà a riorientare l'Unione sulla
base di crescita e occupazione e non solo rigore. Lo ha detto il premier Matteo Renzi
nel suo intervento alla conferenza “The State of the Union” a Firenze, una tre giorni
di incontri organizzata dall’Istituto universitario europeo. L’occasione è la Giornata
dell’Europa, in ricordo della proposta che Robert Schuman presentò il 9 maggio 1950
per la creazione di un nucleo economico europeo, e in attesa delle elezioni tra il
22 e il 25 maggio. Il servizio di Giampiero Guadagni:
L’Europa deve
essere più light, avere meno regole, che siano semplici e condivise. Matteo Renzi
torna a Firenze a Palazzo Vecchio per la prima volta da premier per intervenire all’incontro
promosso dall’Istituto universitario europeo. Renzi sottolinea: l’Italia rispetta
le regole e proprio per questo ha diritto di chiedere che siano cambiate. Dunque bisogna
ripartire da crescita e occupazione. Il premier si dice preoccupato dallo “spread
del populismo” e dal rischio che l'astensionismo tocchi punti record e invita “le
forze europeiste più convinte” ad alzare la testa. Prima del premier l'intervento
di Barroso: l'Italia - ha detto il presidente della commissione europea - è stata
veramente vicina all'abisso durante i peggiori momenti della crisi e c'era chi voleva
metterla sotto la tutela del Fondo monetario internazionale, cosa che per fortuna
non è successa. La crisi esistenziale dell'euro - ha detto ancora Barroso - è ora
risolta. E a Firenze Renzi ha pranzato con Martin Schulz, candidato alla presidenza
della Commissione Ue per il Partito socialista. Schulz ha tra l’altro fatto visita
allo stabilimento Lucchini di Piombino.
Renzi chiede dunque una Ue che “dopo
il fondo salva-Stati, il fondo salva-banche, inizi a fare qualcosa per salvare le
famiglie”, sottolineando che a preoccupare non è più lo spread finanziario
ma lo "spreaddel populismo". Fausta Speranza ha intervistato
Massimo Palumbo, della Commissione Affari economici e monetari del Parlamento
europeo, autore del libro “Dipinta di blu” dedicato alla crisi:
R. – Finora,
la difesa dell’euro è stata affidata soltanto alla Banca centrale europea, che ha
dei poteri molto forti anche se ben delimitati. Servono politiche dei governi nazionali
più efficaci e forse qualcosa di più di un semplice coordinamento tra questi. Servirebbe
un governo centrale più forte che si poggi sui governi nazionali, ma che abbia un
impulso più forte a livello europeo, soprattutto per quanto riguarda l’occupazione
che è il problema principale oggi. Una volta regolamentato meglio il mercato finanziario,
bisogna poi passare alle politiche per l’occupazione. Lì c’è ancora tanto lavoro da
fare. Come spesso succede quando ci sono delle crisi, la reazione da parte delle istituzioni
europee è forte e in questo momento può essere salutata positivamente. L’unione bancaria
mette, per la prima volta, il sistema delle grandi banche sotto un’unica autorità
di sorveglianza e questo non esisteva.
D. – Proprio adesso, per,ò vediamo un
euroscetticismo alla vigilia delle elezioni che potrebbe bloccare questo processo
che paradossalmente, dopo un po’ di stagnazione, ha ripreso slancio…
R. – Esattamente
così, perché le risposte che sono arrivate dall’Unione sono arrivate relativamente
tardi rispetto ai danni che l’economia reale ha subito. Parlo delle difficoltà delle
piccole e medie imprese a ricevere il credito, della possibilità di trovare un posto
di lavoro, del rischio di perderlo… Quindi, è chiaro che anche i popoli dell’Europa
sono stati sottoposti a difficoltà e vedono che l’Europa non ha dato delle risposte
efficaci. Evidentemente, queste risposte stanno arrivando, arriveranno, ma probabilmente
con effetto leggermente ritardato. Dunque, l’euroscetticismo, dal punto di vista delle
analisi, non è completamente campato in aria. Però, il punto è che questa crisi si
risolve con due cose: con la crescita economica, da un lato, e con maggiore cittadinanza
europea, con maggiore sovranità da parte dei popoli e maggiore legittimità democratica
dall’altro.
D. – E non si risolve invece sfasciando tutto il giocattolo, diciamo
così…
R. – Sfasciare il giocattolo nella situazione in cui abbiamo un mercato
globale caratterizzato ormai da regole meno forti, valide e imperniate su valori di
quelle europee – pensiamo all’Asia, ad altri continenti – non credo che gioverebbe
all’Europa. Nessuno Stato europeo potrebbe essere in grado di competere con la situazione
attuale dell’economia mondiale. Quindi, l’Europa è un patto che indubbiamente ci rende
più forti. Pensiamo anche a quello che accade nella politica estera, ai fatti dell’Ucraina:
dove non c’è Europa ci sono crisi, attorno all’Europa ci sono sempre crisi. In Europa
invece, per fortuna, la crisi è solo economica e non è stata mai in questi 60 anni
di unione una crisi a livello di guerre civili, come è successo, ad esempio, nei Paesi
del Mediterraneo meridionale, nei Paesi della "primavera araba": pensiamo a tutto
quello che sta accadendo in Siria... Quindi, l’Europa è un valore. E bisogna rilanciare
anche sugli elementi di cittadinanza e di cultura. Direi che è importante.
D.
– Il suo libro appena pubblicato ha un titolo particolare: “Dipinta di blu”. Perché?
R.
– Chiaramente, il richiamo è alla bandiera europea, ma richiama anche una famosa canzone
di Modugno che, guarda caso, vince il Festival di Sanremo nel 1958, quando nasce il
Mercato comune europeo con i Trattati di Roma. Quella era una fase in cui l’Europa
ha aiutato molto i Paesi come l’Italia ad uscire dal Dopoguerra e a rilanciarsi verso
il boom economico. Era un momento di speranza: la gente era ancora più
povera di adesso, ma c’era una speranza. Quel titolo vuole, in qualche modo, richiamare
la fase della ricostruzione e dare un messaggio di speranza.