Australia: per l'emergenza profughi i vescovi chiedono il rispetto dei diritti umani
L’Ufficio della Conferenza episcopale australiana per i migranti e i rifugiati (Acmro)
ha espresso la propria costernazione alle autorità, sulla possibilità di reinsediare
rifugiati provenienti da diversi Paesi asiatici in Cambogia, secondo una recente proposta
del governo di Sydney a Phnom Penh.
“Lo scopo delle politiche di reinsediamento
è di integrare i rifugiati in fuga dalla povertà e dall’oppressione in una comunità
che fornirca loro opportunità economiche e sociali, nonché la pace e la sicurezza.
Se il governo australiano è seriamente intenzionato a espandere le opportunità di
reinsediamento nella regione dell’Asia, i negoziati dovrebbero cominciare con nazioni
che hanno le risorse per sostenere i rifugiati, come Singapore, Giappone e Corea”
ha dichiarato mons. Gerard Hanna, delegato per i Migranti e i rifugiati della Chiesa
australiana.
L’intervento di mons. Gerard - riferisce l'agenzia Misna - è stato
fatto durante la presentazione di un comunicato ufficiale, rivolto al governo australiano
e a tutta la popolazione dell’isola, avvenuto durante l’Assemblea generale dei vescovi
cattolici dell’Australia, in corso in questi giorni a Sydney. I presuli hanno discusso
vari problemi del Paese, tra cui la politica nei confronti delle migliaia di profughi
che cercano di raggiungere l’Australia per chiedere asilo politico.
Nel comunicato
i vescovi dicono di essere intervenuti presso il governo, nel tentativo di rendere
le politiche nei confronti dei profughi più rispettose della dignità umana e dei diritti
umani fondamentali, oggi “gravemente violati”.
Chi abita in un’isola, come
gli australiani, ha spesso un senso di distanza "dall’altro o dall’estraneo” – ed
è così che vengono definiti i richiedenti asilo. Essi sono “l’altro” o “l’estraneo”
pericoloso, da temere e al quale resistere perché, presumibilmente, essi violano i
nostri confini… La politica può ottenere il consenso solo se i richiedenti asilo sono
tenuti senza volto e senza nome. Si basa su un processo di de-umanizzazione. Tale
politica sarebbe stata ampiamente respinta se i volti e i nomi fossero stati resi
noti. Noi vescovi abbiamo visto i loro volti, conosciamo i loro nomi; e abbiamo sentito
le loro storie. Ecco perché diciamo ora basta con questa crudeltà istituzionalizzata”.
“Ci
uniamo – si legge nel comunicato della Conferenza episcopale - con i vescovi cattolici
di Papua Nuova Guinea che hanno espresso la loro forte opposizione all’uso di Manus
Island per la detenzione. Essi hanno chiesto all’Australia di trovare una soluzione
più umana per le persone in cerca di asilo. Noi non accettiamo la necessità di tenerli
‘al largo’ e, anche se questa scelta continuasse, sicuramente non necessita di tale
durezza”.
“I vescovi dell’Australia – si legge ancora nel testo – chiedono
ai parlamentari di tutti i partiti di abbandonare queste politiche, che sono una vergogna
per l’Australia, e di far propria una compassione capace di coniugare la necessità
umana e le pressioni elettorali. A tutta la nazione essi chiedono di dire no alle
forze oscure, che rendono queste politiche possibili. E’ giunto il momento di esaminare
la nostra coscienza e poi, agire diversamente”. (R.P.)