L'Ocse taglia le stime sul Pil. Sul calo dell'Irpef il commento del giurista Bevilacqua
L'Ocse rivede lievemente al ribasso le sue stime di crescita per il Pil italiano,
da +0,6% a +0,5%. Per il 2015 è previsto un +1,1%, grazie ai “moderati tagli alle
tasse”, dice l’istituto. Intanto il segretario generale Camusso, dal congresso nazionale
a Rimini, lancia quattro sfide al governo su pensioni, ammortizzatori sociali, lavoro
povero e fisco. Giampiero Guadagni:
Qualche spiraglio
di luce ma ancora molta incertezza sul futuro. Le stime Ocse sull’economia italiana
confermano quanto già segnalato nei giorni scorsi dal’Unione europea. Riviste lievemente
al ribasso le stime di crescita per il prodotto interno lordo: quest’anno + 0,5%;
il prossimo + 1,1%, grazie alla spinta data “dal ritorno della fiducia” e “dai moderati
tagli alle tasse”. Situazione sempre grave sul fronte del debito, che rende l’Italia
ancora vulnerabile a potenziali scossoni dei mercati. Per l’Ocse è essenziale la cautela
sui conti pubblici. Ma a preoccupare l’organizzazione con sede a Parigi è soprattutto
il livello della disoccupazione: 12,8% nel 2014; solo un leggero calo nel 2015. Per
il ministro dell’Economia Padoan l’analisi Ocse è comunque molto incoraggiante per
il Paese, perché conferma gli effetti positivi delle misure appena varate. Il ministro
del Lavoro Poletti assicura che tutte le riforme in cantiere rispondono alla logica
di accelerare la crescita: naturalmente anche la riforma del lavoro. E a proposito:
oggi il decreto che prende il nome proprio di Poletti è approdato in aula al Senato,
dopo aver incassato in commissione il via libera agli otto emendamenti del governo.
Tra le novità più controverse, la cancellazione dell'obbligo di assunzione per le
aziende che sfondavano il tetto del 20% del numero di precari: la sanzione resta,
ma è in denaro.
L’Ocse afferma che un contributo alla crescita potrebbe arrivare
dal taglio dell’Irpef. Alessandro Guarasci ha sentito il parere del giurista
esperto di economia Nunzio Bevilacqua:
R. – Il calo
dell’Irpef sul breve termine ha effetti sicuramente non dirompenti: non si tratta
di una misura che ontologicamente creerà uno shock sull’economia. Certamente, è una
misura sociale, necessaria oggi per disinibire un consumo che ormai è strettamente
asfittico. Sul medio-lungo termine, se si troveranno quelle misure che consentiranno
di rendere questa forma di intervento nell’economia veramente strutturale, si potranno
avere ottimi effetti non prima di tre anni. Sicuramente, la misura dovrà essere accompagnata
da misure sul lavoro che consentano un maggiore turn-over proprio nel campo del lavoro.