Elezioni in Iraq: cresce affluenza alle urne nonostante le violenze
Si sono chiusi ieri sera i seggi elettorali in Iraq per le elezioni parlamentari.
L'affluenza alle urne, secondo quanto risulta da fonti della Commissione elettorale,
dovrebbe essere stata intorno al 65%, superiore a quella del 62,4% del 2010. Cifre
che non comprendono tuttavia i dati registrati nella provincia di Anbar, nella zona
occidentale dell'Iraq, dove le precarie condizioni di sicurezza e le minacce delle
milizie qaediste dello Stato islamico dell'Iraq e della Siria (Isis) potrebbero aver
dissuaso molti cittadini dal recarsi alle urne.
Il leader sunnita Iyad Allawi,
ex premier e leader del movimento Wataniyya, ha parlato all'emittente satellitare
"al Arabiya" di "dati alti". "Si tratta di un dato positivo per noi, perche' e' indice
della volontà di cambiamento degli elettori". Allawi si è inoltre detto "convinto
di poter formare, dopo le elezioni, una nuova coalizione di maggioranza stingendo
alleanze con diverse forze politiche". Secondo fonti citate dall'emittente "al Jaazera",
tuttavia, nel tardo pomeriggio il seggio elettorale del quartiere di Yarmuk, quartiere
nella zona orientale di Baghdad, registrava ancora un'affluenza al 38 per cento. Chiamati
alle urne per l'elezione dei 328 deputati del Consiglio dei rappresentanti sono stati
oltre 20 milioni di iracheni. In totale, hanno preso parte al voto 277 partiti politici,
con 6.432 candidati di sesso maschile e 2.607 di sesso femminile.
Al voto
si è recato stamane anche il premier uscente, Nouri al Maliki, principale protagonista
della tornata elettorale. "Invito tutti a lasciarsi il passato alle spalle - ha aggiunto
al Maliki - per porre le fondamenta del nuovo Stato nazionale e delle nuove istituzioni".
Il capo del governo ha anche dichiarato l'intenzione di dare vita a una coalizione
con altri partiti, "a condizione che ci si impegni a mantenere unito l'Iraq e si prendano
le distanze dalle milizie e dalla violenza settaria che minano l'identità nazionale
irachena". Maliki, inoltre, ha confermato che "le forze di sicurezza risponderanno
prontamente a qualsiasi tentativo di interferire sul processo di voto per influenzarne
i risultati".
I problemi relativi alla sicurezza sono stati, in effetti, uno
fattori chiave delle elezioni odierne. Alla vigilia del voto, molti cittadini hanno
affermato che non si sarebbero recati alle urne per paura di attacchi o azioni di
ritorsione da parte di gruppi come l'Isil, formazione legata ad al Qaeda che continua
a controllare parti della provincia occidentale di Anbar. Anche ieri sono stati registrati
episodi di violenza, nonostante le strettissime misure di sicurezza decise dalle autorita'
(fra le quali la chiusura delle aeroporti fino alla giornata di domani): si contano
17 morti in tutto il Paese, tutti uccisi nelle vicinanze dei seggi elettorale. L'esplosione
di un ordigno improvvisato a Al Megdadiya, nella provincia di Diyala, ha causato 3
morti e 7 feriti. Due donne hanno perso la vita nella deflagrazione di un altro ordigno
a Al Dabs nella provincia di Kirkuk. A Biyi nella provincia di Tikrit un kamikaze
si è fatto saltare in aria uccidendo sei persone tra cui due agenti. I feriti sono
stati 18. Un generale e due guardie del corpo sono state uccise e 4 agenti sono rimasti
feriti nell'esplosione di una bomba a sud di Tikrit. Nella provincia di Ninive la
polizia e' riuscita ad eliminare tre aggressori che si apprestavano a compiere una
strage in un seggio elettorale nella citta' di Al Hader.