In Sud Sudan non si ferma la guerra civile che da metà dicembre sta devastando il
Paese. Oltre un milione i profughi e sostanzialmente mai rispettato il “cessate-il-fuoco”
firmato lo scorso 23 gennaio. Giulio Albanese:
Il responsabile
delle operazioni umanitare dell’Onu in Sud Sudan, Toby Lanzer, ha rivolto ieri un
accorato appello a tutte le fazioni in lotta affinché pongano fine ai combattimenti,
almeno nel mese di maggio, per consentire alla popolazione di seminare in un contesto,
quello del Sudan Meridionale, dove la crisi alimentare minaccia sette milioni di persone.
Sta di fatto che la situazione è davvero drammatica soprattutto nella zona settentrionale
del Paese, dove sono maggiormente attivi i ribelli dell’ex presidente Riek Machar.
La città martire è Bentiu, nello Unity State, è una sorta di Stalingrado africana,
dove sono avvenute, stando ad autorevoli fonti di Medici Senza Frontiere (Msf), violenze
indicibili, omicidi mirati raccapriccianti e una generale escalation della brutalità,
soprattutto contro i civili. Un team dell’organizzazione umanitaria, la settimana
scorsa, ha visitato la città di Bentiu, dove i cadaveri della gente erano disseminati
per le strade in macabro stato di decomposizione, mangiati da cani e uccelli, un affronto
all’umanità. Un dramma dunque rispetto al quale la Comunità Internazionale non può
permettersi di stare alla finestra a guardare.