Ucraina: i filorussi rapiscono 13 osservatori Osce. Dal G7 nuove sanzioni a Mosca
Si infiamma sempre di più la crisi in Ucraina. I combattenti indipendentisti filorussi,
che stanno operando nella parte orientale del Paese, hanno rapito ieri 13 appartenenti
all’Osce, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, che, in qualità
di osservatori, si trovano in Ucraina. Contemporaneamente a Seul il vertice G7, con
la presenza del presidente americano Obama, ha deciso nuove sanzioni contro la Russia.
Ci riferisce Giancarlo La Vella:
La questione
ucraina sta diventando un drammatico testa a testa tra occidente e Mosca con sempre
maggiori rischi per la stabilità mondiale. Il rapimento dei 13 osservatori dell’Osce,
definito scioccante da gran parte della comunità internazionale, potrebbe rappresentare
la pietra tombale su qualsiasi tentativo di dialogo. Sta di fatto che ieri a Seul,
proprio durante la visita di Obama in Sud Corea, il G7 ha annunciato da lunedì nuove
sanzioni nei confronti di Mosca. I Sette Grandi, ognuno dei quali deciderà quali le
misure, si dicono preoccupati e ribadiscono la loro condanna per il tentativo illegale
di Mosca di annettere la Crimea e Sebastopoli. E poi, anche se non ufficialmente,
appare ormai chiaro l’appoggio di Mosca ai ribelli filorussi, ma anche, questa l’altra
accusa dell’occidente, di non fare nulla per limitare la crisi e per applicare quanto
deciso recentemente al vertice di pace a Ginevra. Mentre nella zona orientale esercito
di Kiev e miliziani continuano ad affrontarsi, ieri per la prima volta è stato evocato
il rischio di Terza Guerra Mondiale. Questa l’accusa del governo di Kiev alla Russia,
sulla quale il Cremlino rimane in inquietante silenzio.
Intanto a Kiev,
teatro nelle settimane scorse delle proteste contro l'ex presidente Ianukovich, si
guarda con preoccupazione a quanto avviene a est. Massimiliano Menichetti ha
raggiunto telefonicamente nella centralissima Maidan della capitale, don Oleksandr
Khalayim, sacerdote nella città occidentale di Horodok:
R. – I segni
della battaglia rimangono: le macchine bruciate, anche le case bruciate, e poi tutte
quelle foto delle cento persone che sono state uccise a Maidan … Possiamo dire che
ogni regione ha la sua tenda: c’è una cappellina, le tende in cui sono i medici …
D.
– Come si sta vivendo questo momento?
R. – In questo momento, il Paese vive
una grande paura. Due-tre mesi fa in piazza c’erano le persone e di queste una metà
“voleva Maidan” e l’altra metà no. Adesso sono tutti uniti.
D. – Ma c’è paura
che scoppi la guerra?
R. – Sì, perché adesso le città vicine alla Russia –
Slovyansk e Kramatorsk – sono totalmente chiuse dal governo ucraino. Ieri da un elicottero
sono stati lanciati foglietti con le indicazioni su come la gente si debba comportare
in questa situazione, come si debba vivere nella condizione di occupazione …
D.
– E come ci si deve comportare?
R. – Nei limiti del possibile, rimanere in
casa, non andare dove si tengono manifestazioni, dove ci sono persone armate.
D.
– La Chiesa, in questa situazione, che cosa sta facendo?
R. – Tutte le Chiese
adesso sono unite, stanno pregando per la pace; a Maidan aiutano le famiglie, perché
adesso ci sono più feriti nell’anima e nella psiche.
D. – A Kiev, però, c’è
anche speranza…
R. – Sì, c’è grande speranza e c’è anche pace. Questa mattina
ho parlato con le persone che stanno a Maidan. Loro dicono che non vogliono tornare
alle condizioni di prima. Queste persone sperano che tutto si possa risolvere in pace,
senza la guerra. Non si può pensare, infatti, che si possa fare la guerra contro la
Russia perché possiamo dire che siamo sempre stati come fratelli – fratello maggiore
e fratello minore. Tante famiglie sono miste, con radici miste … E nessuno vuole nemmeno
pensare che possa iniziare qualcosa di brutto …
D. – Le persone con cui ha
parlato, come vedono la data del 25 maggio prossimo, per le nuove elezioni?
R.
– Spingono per ottenere la pace, per fare in modo che queste elezioni possano svolgersi
in tranquillità: sanno, infatti, che dopo questa data cambierà tutto.