Ucraina: offensiva dell'esercito a Slaviansk contro i separatisti, la Russia annuncia
manovre militari
Tensione altissima in Ucraina, dove l’esercito è passato all’offensiva contro i ribelli
filorussi della città di Slaviansk nell’est. Almeno cinque le vittime tra gli insorti.
Mosca, intanto, ha avviato nuove esercitazioni militari al confine, e ha parlato di
possibili “conseguenze” per Kiev. Davide Maggiore: L’esercito
ucraino si è scontrato con i separatisti a Slaviansk e i leader filorussi della regione
hanno dichiarato la mobilitazione generale. L’uso dell’esercito da parte di Kiev è
“un crimine grave” contro il popolo, ha sostenuto il presidente russo Putin, avvertendo
che ci saranno “conseguenze” per chi ha annunciato l’operazione. E per il suo portavoce
gli ultimi fatti mettono in dubbio la legittimità delle elezioni ucraine del prossimo
25 maggio. Anche il ministro della Difesa di Mosca ha detto che “se la macchina militare
non sarà fermata oggi, porterà ad un gran numero di morti e feriti”. Riguardo le esercitazioni
al confine, il ministro ha spiegato che il suo Paese è stato “costretto a reagire”.
Il presidente ucraino ad interim, Oleksandr Turcinov, ha però intimato alla Russia
di ritirare le truppe e di far cessare quello che ha definito “un ricatto”. L’Ucraina
– ha proseguito - non cederà a nessuna “minaccia terroristica”. Preoccupazione è stata
espressa dal Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha invitato ad evitare
“a tutti i costi” un’azione militare. Intanto l’agenzia “France presse” ha comunicato
che è di nuovo libero, e in buone condizioni, Simon Ostrovsky, il giornalista statunitense
catturato lunedì da una milizia filorussa di Slaviansk. Sulla tenuta degli accordi
di Ginevra Massimiliano Menichetti ha intervistato Nicolò Sartori ricercatore
dell’Istituto Affari Internazionali:
R.
– Degli accordi di Ginevra resta ben poco, perché i primi due punti parlavano di evitare
ogni violenza e intimidazione o atti provocatori, mentre il secondo parlava di disarmare
tutti i gruppi e di liberare gli uffici occupati illegalmente. Quindi, gli ultimi
eventi ci dimostrano che non è stato rispettato: addirittura, l’Ucraina sembra aver
riattivato le sue misure antiterrorismo che avevano preceduto gli accordi, per cui
diciamo che gli accordi – in sostanza – seppur non in modo dichiarato sono sostanzialmente
falliti.
D. – Da una parte, le tensioni sul terreno, dall’altra questo conflitto
si sta combattendo anche sul gas …
R. – E’ estremamente rilevante perché la
Russia in generale fornisce circa il 30% del gas consumato in Europa e 80 miliardi
di questo gas – quindi il 15% dei consumi europei – passano proprio attraverso il
territorio ucraino.
D. – Ma il fatto che l’Ucraina non stia pagando i contratti
di fornitura alla Russia, può avere delle ricadute?
R. – Purtroppo può avere
ricadute significative perché, come è successo nel 2009, spingerà – come ha già annunciato
Putin in una lettera ai governi europei consumatori di gas – la Russia a bloccare
le forniture verso l’Ucraina. Ciò direttamente non significa che bloccherà le forniture
verso l’Europa, però se dovesse succedere come nel 2009 che, per far fronte a mancate
risorse energetiche interne l’Ucraina dovesse prendere parte di queste risorse destinate
all’Europa e utilizzarle per il suo mercato interno, la Russia si troverà ancora una
volta, come nel 2009, costretta a bloccare anche le forniture verso l’Europa, con
un impatto ovviamente significativo per tutti i consumi europei.
D. – Si ipotizza
la data del 28 aprile proprio per un trilaterale – Unione Europea, Russia e Ucraina
– proprio sul gas …
R. – Sinceramente, è difficile capire quali possano essere
le aspettative, perché c’è un grosso interesse alla stabilizzazione dell’Ucraina.
Noi abbiamo parlato della dipendenza europea dalla Russia; c’è anche da dire che la
Russia è estremamente dipendente dalle esportazioni, dalle rendite che ha dalle esportazioni
di gas verso l’Europa. Per cui, in teoria non c’è un grosso interesse russo ad andare
a una rottura totale.
D. – Ma il fatto che gli Stati Uniti abbiano rassicurato
l’Europa nell’ambito delle forniture energetiche, rende l’Europa più forte?
R.
– Personalmente, non lo ritengo così per due semplici motivi. Uno: gli Stati Uniti
hanno rassicurato, però in un quadro di accordi di libero scambio tra Unione Europea
e Stato Uniti. Obama ha detto chiaramente che senza questo accordo, i volumi di gas
americani andranno sul mercato internazionale e non ci sarà una preferenza europea.
Un altro elemento estremamente importante è che la capacità di esportare degli Stati
Uniti al momento non è reale, per cui non ci sono ancora i volumi esportabili.
D.
– Che vuol dire “non è reale”?
R. – Che praticamente non ha surplus tale da
esportare. Ci sarà tra qualche anno, questa capacità di export. E anche a livello
di infrastrutture vere e proprie, per cui i famosi “degassifica tori” e “rigassificatori”
americani non sono ancora pronti. Quindi è una promessa sicuramente di medio periodo,
che però non va incontro alle necessità europee, che sono comunque estremamente più
attuali.
D. – Ma secondo lei, quanto incide dunque la leva economica nella
risoluzione di questa tensione che c’è in Ucraina?
R. – Ero convinto, all’inizio,
che potesse incidere molto. Probabilmente anche per una mancata risolutezza dal punto
di vista europeo nell’immediato scoppio della crisi, la dimensione economica ha lasciato
il campo ad una dimensione più politica. Ad oggi, la leva economica sembra essere
quasi in secondo piano, trascinata dagli eventi che probabilmente nessuno si aspettava
andassero così “oltre”.