Crisi Ucraina. Kiev attacca Sloviansk. Per Obama la Russia non rispetta gli accordi
di Ginevra
“La Russia non rispetta l’accordo Ginevra”. Così il Presidente statunitense Obama,
da Tokyo, sulla crisi in Ucraina. Intanto è allarme sul fronte energia, si ipotizza,
per il 28 aprile prossimo, un trilaterale tra Ue, Russia e Ucraina, per affrontare
il nodo dei rifornimenti di gas. E mentre Mosca lancia un nuovo duro monito, i separatisti
filo-russi fronteggiano l’offensiva militare di Kiev. A Sloviansk 5 insorti sarebbero
stati uccisi dalle truppe ucraine. Sulla tenuta degli accordi di Ginevra Massimiliano
Menichetti ha intervistato Nicolò Sartori ricercatore dell’Istituto Affari
Internazionali:
R. – Degli accordi
di Ginevra resta ben poco, perché i primi due punti parlavano di evitare ogni violenza
e intimidazione o atti provocatori, mentre il secondo parlava di disarmare tutti i
gruppi e di liberare gli uffici occupati illegalmente. Quindi, gli ultimi eventi ci
dimostrano che non è stato rispettato: addirittura, l’Ucraina sembra aver riattivato
le sue misure antiterrorismo che avevano preceduto gli accordi, per cui diciamo che
gli accordi – in sostanza – seppur non in modo dichiarato sono sostanzialmente falliti.
D.
– Da una parte, le tensioni sul terreno, dall’altra questo conflitto si sta combattendo
anche sul gas …
R. – E’ estremamente rilevante perché la Russia in generale
fornisce circa il 30% del gas consumato in Europa e 80 miliardi di questo gas – quindi
il 15% dei consumi europei – passano proprio attraverso il territorio ucraino.
D.
– Ma il fatto che l’Ucraina non stia pagando i contratti di fornitura alla Russia,
può avere delle ricadute?
R. – Purtroppo può avere ricadute significative perché,
come è successo nel 2009, spingerà – come ha già annunciato Putin in una lettera ai
governi europei consumatori di gas – la Russia a bloccare le forniture verso l’Ucraina.
Ciò direttamente non significa che bloccherà le forniture verso l’Europa, però se
dovesse succedere come nel 2009 che, per far fronte a mancate risorse energetiche
interne l’Ucraina dovesse prendere parte di queste risorse destinate all’Europa e
utilizzarle per il suo mercato interno, la Russia si troverà ancora una volta, come
nel 2009, costretta a bloccare anche le forniture verso l’Europa, con un impatto ovviamente
significativo per tutti i consumi europei.
D. – Si ipotizza la data del 28
aprile proprio per un trilaterale – Unione Europea, Russia e Ucraina – proprio sul
gas …
R. – Sinceramente, è difficile capire quali possano essere le aspettative,
perché c’è un grosso interesse alla stabilizzazione dell’Ucraina. Noi abbiamo parlato
della dipendenza europea dalla Russia; c’è anche da dire che la Russia è estremamente
dipendente dalle esportazioni, dalle rendite che ha dalle esportazioni di gas verso
l’Europa. Per cui, in teoria non c’è un grosso interesse russo ad andare a una rottura
totale.
D. – Ma il fatto che gli Stati Uniti abbiano rassicurato l’Europa nell’ambito
delle forniture energetiche, rende l’Europa più forte?
R. – Personalmente,
non lo ritengo così per due semplici motivi. Uno: gli Stati Uniti hanno rassicurato,
però in un quadro di accordi di libero scambio tra Unione Europea e Stato Uniti. Obama
ha detto chiaramente che senza questo accordo, i volumi di gas americani andranno
sul mercato internazionale e non ci sarà una preferenza europea. Un altro elemento
estremamente importante è che la capacità di esportare degli Stati Uniti al momento
non è reale, per cui non ci sono ancora i volumi esportabili.
D. – Che vuol
dire “non è reale”?
R. – Che praticamente non ha surplus tale da esportare.
Ci sarà tra qualche anno, questa capacità di export. E anche a livello di infrastrutture
vere e proprie, per cui i famosi “degassifica tori” e “rigassificatori” americani
non sono ancora pronti. Quindi è una promessa sicuramente di medio periodo, che però
non va incontro alle necessità europee, che sono comunque estremamente più attuali.
D.
– Ma secondo lei, quanto incide dunque la leva economica nella risoluzione di questa
tensione che c’è in Ucraina?
R. – Ero convinto, all’inizio, che potesse incidere
molto. Probabilmente anche per una mancata risolutezza dal punto di vista europeo
nell’immediato scoppio della crisi, la dimensione economica ha lasciato il campo ad
una dimensione più politica. Ad oggi, la leva economica sembra essere quasi in secondo
piano, trascinata dagli eventi che probabilmente nessuno si aspettava andassero così
“oltre”.