Al cinema "La sedia della felicità", ultimo film di Carlo Mazzacurati, scomparso
in gennaio
Dal 24 aprile nelle sale italiane “La sedia della felicità”, l’ultimo film girato
dal regista padovano Carlo Mazzacurati, scomparso lo scorso gennaio all’età di cinquantasette
anni, dopo una lunga malattia vissuta con esemplare dignità, rispetto per la vita
e per la morte. Il servizio di Luca Pellegrini:
Tre personaggi
cercano la felicità in una sedia, perché racchiude un tesoro. Mazzacurati, prima di
lasciarci, ha cercato la vita nei suoi film, i suoi risvolti misteriosi e malinconici,
e ha cercato anche la sua personale porzione di felicità. Ha scritto il film nel tempo
in cui la malattia ancora non lo aveva del tutto aggredito, lo ha girato quando la
speranza terrena si era ormai affievolita del tutto. Ma non la virtù, quella che lo
faceva sempre guardare in alto, guardare oltre: come dice Dino alla fine del film,
“volare”, sempre che sia possibile. Schivo e amabilissimo, legato al territorio veneto
che per lui rappresentava la cultura d’origine e una geografia dell’anima, dove sono
ambientate anche le surreali vicende legate alla “sedia”, ha lasciato una serie di
opere sempre soffuse di ironia, leggerezza e profondità di sguardo. Sull’essere umano,
sul cuore e sull’amore, anche su certe velleità che si stemperano nella fantasia della
fiaba, della commedia, nell’amore per la natura, soprattutto nel conoscere bene come
siamo e quali sono le nostre perdonabili debolezze. I suoi attori più amati hanno
preso parte, anche se per brevissimi camei, all’ultimo set. Mentre i tre protagonisti
lo ricordano con queste parole. Isabella Ragonese, un’estetista distratta e
di gran cuore:
“Credo che questo film rappresenti lui, il momento che stava
vivendo, ed è un saluto anche pieno di grazia, com’era lui”.
Giuseppe
Battiston, un sacerdote impacciato e amabile:
“Questo film, “La sedia
della felicità”, ci lascia una bellissima lezione di cinema, per la ricchezza dei
personaggi. Rappresenta in pieno il percorso di Carlo, quello che era la sua passione,
ovvero raccontare storie di personaggi imperfetti, imprecisi; offre il ritratto di
un’umanità sempre alla ricerca di qualcosa, alla ricerca di un modo per migliorare
la propria condizione di vita. Professionalmente, ci lascia questo, umanamente molto
di più”.
Valerio Mastandrea, un tatuatore spiantato e generoso:
“Un
ricordo... Possiamo dividerlo in due: un ricordo puramente professionale e uno umano,
di cui è difficile parlare e forse anche ingiusto. Carlo, infatti, si racconta molto
attraverso i film che ha fatto, attraverso i personaggi che ha esplorato. Io, personalmente,
sono uno che voleva lavorare con Carlo molto prima. Da un lato, sono contento, perché
ho meno nostalgia; dall’altro, capisco pure che mi mancherà moltissimo”.