Accordo di riunificazione palestinese. Israele: "Fatah scelga la pace o Hamas"
Torna l’unità nel fronte palestinese. Ieri a Gaza Al Fatah e Hamas hanno siglato l’accordo
di riconciliazione dopo anni di divisioni. Presto elezioni e un governo di unità nazionale,
per rimettere insieme di fatto la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. Intanto, da
parte israeliana si parla di fine delle speranze di pace, mentre preoccupazione è
stata espressa dagli Stati Uniti. Ce ne parla Graziano Motta.
L’ accordo,
firmato anche da rappresentanti della Jihad islamica, prevede la formazione entro
cinque settimane di un governo di unità nazionale – obiettivo che in tempi lontani
si mostrò irrealizzabile – ed entro sei mesi lo svolgimento di elezioni. Intanto a
Gaza sono stati liberati i detenuti politici di Al Fatah, il partito guida della Cisgiordania
come noto impegnato, con la mediazione americana, in un difficile negoziato per la
nascita dello stato indipendente della Palestina. Negoziato che avrebbe dovuto chiudersi
alla fine di aprile e che è stato subito interrotto da Israele per il fatto che Hamas,
accusato di terrorismo, persegue la distruzione dello stato ebraico. Il premier israeliano
Netanyahu, che ha ordinato un raid aereo di rappresaglia su Gaza, è stato esplicito:”
Abu Mazen ha preferito un patto con Hamas piuttosto che la pace”. Gli Stati Uniti
si dicono preoccupati, sembrano svanire gli sforzi tenaci del mediatore John Kerry,
anche se Abu Mazen come presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, sostiene che
l’accordo di riconciliazione con Hamas non è in contraddizione con il negoziato di
pace.
Sull'accordo nel fronte palestinese, Giada Aquilino ha chiesto
un commento a Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali
all’Università di Firenze:
R. – Un accordo
che innanzitutto è politico, cioè la volontà di ricominciare a fare delle cose insieme.
E un’intesa tra le due principali componenti del mondo palestinese per presentarsi
insieme a discutere, e quindi firmare, un eventuale accordo di pace con Israele. Anche
perché Israele non può firmare un’intesa con un’Autorità palestinese della West Bank,
automaticamente dimezzata.
D. – Però Israele, con il premier Netanyahu, ha
già detto che il presidente palestinese deve scegliere tra la riconciliazione con
Hamas e la pace con lo Stato ebraico…
R. – In verità, Netanyahu non può dettare
la composizione dell’Autorità palestinese, esattamente come Abu Mazen non può dettare
la composizione del governo di Israele. Si discute con il proprio interlocutore, il
quale si forma secondo le proprie regole e le proprie necessità. Comunque, bisogna
aspettare poi i risultati concreti dell’intesa e i tempi della sua attuazione.
D.
– Un esecutivo palestinese avrebbe ora il compito, di fatto, di preparare le prossime
elezioni palestinesi. Come si presentano?
R. – Sono elezioni doppie, perché
devono eleggere – in quanto scaduti da un pezzo – sia il parlamento, sia il presidente
dell’Autorità palestinese. Immagino che poi debbano riformare leggi elettorali e quant’altro.
Soprattutto, questa sarebbe sia per il parlamento sia per la presidenza l’uscita di
scena della vecchia guardia, perché credo che Abu Mazen non si ripresenterà e con
lui andrebbe via la generazione dei tempi di Arafat.
D. – Finora, tutti i tentativi
per mettere fine alla frattura tra Hamas e Fatah sono falliti. Che prospettive ci
sono in questo momento?
R. – Concrete, perché quello che arriva dai palestinesi
un po’ ovunque, nei Territori ma anche forse da fuori, è la volontà di una unità nazionale
che porti passi piccoli, ma concreti e comunque unitari.
D. – E a questo punto,
che prospettive ci sono per i negoziati con gli israeliani?
R. – Tutto dipende
dalla situazione internazionale, da come i palestinesi si presenteranno insieme, dalle
rassicurazioni che Hamas dovrà dare sia all’altro partner sia al mondo, e quindi dalla
credibilità che acquisteranno.