2014-04-23 15:02:47

Il parroco di Sotto il Monte: visitare i luoghi di Giovanni XXIII è un'esperienza di fede straordinaria


La parrocchia di Sotto il Monte-Giovanni XXIII ha iniziato da tempo a lavorare a un ampio progetto di rilancio del paese che diede i natali al "Papa buono" nel 1881. Il vescovo di Bergamo, mons. Francesco Beschi, ha dato l’impulso per la valorizzazione spirituale dei luoghi di Papa Giovanni e la notizia della canonizzazione del prossimo 27 aprile ha aumentato il numero dei pellegrini che li visitano per vivere un’esperienza di fede. Fabio Colagrande ne ha parlato con don Claudio Dolcini, parroco di Sotto il Monte-Giovanni XXIII:RealAudioMP3

R. - Il desiderio del vescovo Francesco Beschi - mi ha mandato qui lui come parroco un paio di anni fa - è quello che diventi, sempre di più, un luogo di pellegrinaggio. Va bene la visita alla casa natale, vedere i luoghi dove Papa Giovanni ha vissuto, dove è nato, la chiesa del Battesimo; ma poi che non finisca poi solo in uno sguardo o nell’accendere una candela: che possa essere un momento anche di fede. Per questo abbiamo un po’ insieme pensato - il vescovo ha un po’ spinto - a realizzare alcuni luoghi che aiutino a vivere bene il pellegrinaggio, che sia una proposta di fede. Fra questi, prima di tutto, c’è la Casa del Pellegrino, che rappresenta un po’ il luogo di regia: i pellegrini che arrivano, anche i gruppi, si iscrivono lì; poi dalla Casa del Pellegrino si snodano i diversi percorsi. Uno dei percorsi nuovi, che è stato individuato, è quello del Giardino della Pace, che è il racconto della vita spirituale di Papa Giovanni: una specie di Via Crucis, un percorso a tappe, che racconta - in sei tappe appunto - alcuni atteggiamenti e sei virtù della vita spirituale di Papa Giovanni. Questo Giardino della Pace - che è molto bello, è un luogo anche pieno di elementi simbolici - si conclude nella cripta che conserva degli oggetti molto importanti: conserva il crocifisso di Papa Giovanni, quello che aveva nella sua stanza, di fronte al letto; il calco del volto e della mano di Papa Giovanni appena morto, realizzati da Giacomo Manzù, dentro la teca in cristallo che ha contenuto il corpo di Papa Giovanni dal 2001 al 2006 nella Basilica di San Pietro. L’idea è che chi arriva e fa un pellegrinaggio non termina con lo sguardo sul Santo, ma è il Santo che indica lo sguardo verso Gesù Cristo, verso il Crocifisso, che di fatto poi fu tutta la vita di Papa Giovanni. Il motto “Oboedientia et pax” - “Obbedienza e pace” - sintetizza la vita di questo Santo: continuamente l’obbedienza e la volontà di Dio, con uno sguardo continuamente rivolto a Gesù Crocifisso.

D. - Don Claudio, in molti, in questi giorni che ci accompagnano verso la canonizzazione di Giovanni XXIII ripetono: “Non era solamente il Papa buono”. Cosa significa?

R. - Forse questa bella icona - perché quando ad una persona si dice buono si fa un bel complimento - ha un po’ messo in ombra altre virtù di questo uomo santo. Quindi il lavoro della diocesi è anche quello di aiutare i pellegrini ad andare un po’ oltre e comprendere anzitutto che questo Papa è stato quello che ha avviato l’esperienza più importante dal punto di vista della Chiesa dello scorso secolo, che fu il Concilio Vaticano II: fu in grado ed ebbe la volontà di avviare questa esperienza, perché fu un uomo lungimirante. Non dimentichiamo che Giovanni XXIII ha, alle sue spalle, una lunga esperienza all’estero. Uno studioso mi ha fatto questa battuta: “Il primo Papa non romano”, nel senso che la sua vita, i suoi dieci anni in Bulgaria, gli altri altrettanti anni in Turchia e Grecia e poi ancora altri anni a Parigi, lo hanno portato a conoscere l’esperienza delle chiese un po’ all’estremità della Chiesa: perché la Chiesa di Oriente, col dialogo con il mondo ortodosso; e poi col mondo islamico in Turchia; tutta la fatica della II Guerra Mondiale; la dimensione del dialogo con gli ebrei; e, infine, poi la laica Parigi lo porta al contatto con alcune nuove istanze del mondo. La lettura di quest’uomo e l’incontro con queste realtà lo portano ad avviare l’esperienza più grande della Chiesa. Questo non va dimenticato, altrimenti si dipinge certamente l’uomo buono e quindi affabile, mite, misericordioso - perché era così - ma Papa Giovanni fu un uomo molto determinato: fu un uomo che non mandava a dire le cose ed aveva quella volontà e quella caparbietà di realizzarle, se riconosceva che fossero frutto dell’ispirazione dello Spirito Santo. Come appunto dice del Concilio: “Sento dentro di me - dice a mons. Capovilla all’avvio del Concilio - che questa è un’esperienza che vuole lo Spirito Santo”.







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