Pasqua in Siria. Mons. Zenari: le parole del Papa possono scuotere le coscienze
La crisi siriana. Un attentato ha scosso oggi il centro di Damasco: una bomba è esplosa
davanti il Parlamento, uccidendo almeno 5 persone. Di oggi anche l’annuncio delle
presidenziali in agenda per il 3 giugno. Ma la notizia del giorno riguarda padre Paolo
Dall'Oglio, il sacerdote rapito il 27 luglio 2013 in Siria. Secondo l'opposizione
armata contro il regime siriano sarebbe vivo e in mano ai miliziani dello Stato islamico
dell'Iraq e del Levante. Fonti anonime vicine ai negoziati parlano di contatti in
corso da vari mesi per ottenere la liberazione del gesuita, mentre la Farnesina chiede
il mantenimento del massimo riserbo. Durante il messaggio Urbi et Orbi ieri il Papa
ha ricordato e pregato per tutte i Paesi che vivono la guerra, in particolare per
"l’amata Siria" perché “si abbia l’audacia di negoziare la pace” e perché quanti soffrono
le conseguenze del conflitto possano ricevere i necessari aiuti umanitari. Parole
forti che hanno riacceso la speranza, nonostante sia stato difficile celebrare la
Pasqua in questo clima, come conferma mons. Mario Zenari nunzio apostolico
a Damasco, al microfono di Cecilia Seppia:
R. - Come sempre
le parole del Papa sono state accolte molto positivamente da tutti quanti e direi
in modo particolare dai cristiani. E’ un’autorità morale, quella del Santo Padre,
che può fare, cambiare, può scuotere le coscienze.
D. - Quindi, sicuramente
le parole del Pontefice hanno riacceso la speranza. Ma come è stata vissuta concretamente
questa Pasqua in Siria?
R. - Ieri abbiamo celebrato, le varie comunità cristiane
unite anche nella data, sia cattolici che ortodossi, la Santa Pasqua. Però, al di
là di una celebrazione nella gioia e nella fede, direi che il clima che aleggiava
è ancora quello della Settimana di Passione: cominciata il martedì, con quel mortaio
che è caduto nel cortile della scuola elementare cattolica armena, qui di Damasco,
che ha fatto delle vittime e ad una bambina di 9 anni hanno dovuto amputare le gambe
in ospedale; poi il Giovedì Santo ad Aleppo è stata veramente una giornata infernale
e in alcune comunità non si sono potuti celebrare i riti del Giovedì Santo, fino a
ieri; ieri, poco lontano da dove vi parlo, è morto un padre con i suoi due bambini…
Vorrei anche aggiungere che proprio ieri ho avuto occasione nel pomeriggio - assieme
al Patriarca melchita, al Patriarca greco ortodosso e ad altri vescovi, sia cattolici
che ortodossi - di visitare il villaggio di Malula, famoso per questa eredità storica
cristiana, dove si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù: lì è stato veramente
un colpo al cuore visitare queste chiese e questi monasteri, quasi del tutto distrutti
o saccheggiati da questa violenza di questo conflitto… E proprio nel giorno in cui
in tutto il mondo le campane suonano nelle nostre chiese la Resurrezione di Cristo,
era veramente un colpo al cuore!
D. - Il Papa ha anche chiesto che chi soffre
le conseguenze del conflitto in Siria possa ricevere i necessari aiuti umanitari.
Come siamo su questo fronte?
R. - Proprio in questi giorni, mentre il Santo
Padre pronunciava questo appello forte, le Nazioni Uniti hanno suonato il campanello
di allarme - per esempio - nel quartiere che abbiamo qui, a sud di Damasco, il quartiere
palestinese di Yarmouk, abitato da circa 18 mila persone, che rischiano così di fare
la fame, alcuni di morire di fame… E poi non parliamo di Homs e di altri quartieri
o villaggi! Direi che questa è una cosa che non possiamo accettare, che la Comunità
internazionale non può accettare! Gli aiuti sono pronti, sono lì alle porte di questi
villaggi e di questi quartieri e per mancanza di sicurezza le agenzie umanitarie non
possono entrare!
D. - Infine ha chiesto anche consolazione per i sequestrati
nelle zone di guerra, sacerdoti e laici, che non hanno potuto celebrare la Pasqua
con i propri cari. E ovviamente il pensiero va a padre Paolo Dall’Oglio, che è scomparso
dal luglio dello scorso anno... Che speranze ci sono?
R. - Sono otto mesi che
il padre Paolo Dall’Oglio è stato sequestrato. Assieme a lui, domani ricorderemo i
due vescovi ortodossi, perché proprio domani - il 22 aprile - ricorrerà un anno da
quando sono stati sequestrati. E così pure ricorderemo i due sacerdoti scomparsi -
un armeno cattolico e un altro ortodosso: sequestrati 14 mesi fa. E poi vogliamo ricordare
tante, tante persone che sono ancora sequestrate. Ecco, un’altra piaga di questa guerra
sono i sequestri, una varietà di sequestri: da quelli a livello criminale a quelli
a livello magari politico.