Via Crucis, il Papa: "Il male non ha l'ultima parola, ma l'amore, la misericordia,
il perdono!"
Il male, i tradimenti, l’arroganza e la vanità dei prepotenti: c’è il peso di tutte
queste cose nella croce di Cristo, ma anche l’immensità dell’amore di Dio, che non
ci tratta secondo i nostri peccati ma secondo la sua misericordia. Ai circa 40 mila
fedeli riuniti attorno al Colosseo, dove venerdì sera si è svolta la tradizionale
Via Crucis del Venerdì Santo, Papa Francesco ha detto che Gesù ha portato sulle sue
spalle la bruttura del male, ma che quella in cui è stato inchiodato è una croce gloriosa,
ricca della misericordia di Dio. Il servizio di Tiziana Campisi:
Assorto in preghiera
Papa Francesco ha ascoltato le meditazioni della Via Crucis, mentre a sorreggere la
croce nelle 14 stazioni si sono alternati quegli uomini e quelle donne i cui drammi
hanno ispirato mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano. Autore
delle riflessioni che hanno accompagnato i brani dei Vangeli sulla Passione, il presule
ha associato i passi di Gesù verso il Golgota alle preoccupazioni degli operai che
oggi vivono la precarietà, alla disperazione di tanti imprenditori falliti, alle amare
condizioni di numerosi detenuti, al dolore di quelle madri che hanno perso i loro
figli nella terra dei fuochi, nel gorgo dell’alcol o nell’abisso della droga.
Tre
maxischermi, dai Fori Imperiali al Colosseo, hanno diffuso le parole del Papa al termine
della tradizionale pia pratica; parole come sussurrate nella notte che ha ricordato
la Passione di Cristo, pacate, ma forti, quasi a volere delicatamente toccare l’intimo
di chi ascoltava; parole con le quali il Pontefice ha voluto sottolineare che il male
non prevale, che l’infinito amore di Dio per gli uomini supera tutte le cose, che
la croce di Cristo, pur caricata delle brutture del male, è comunque una croce gloriosa:
“Nella Croce vediamo la mostruosità dell’uomo, quando si lascia guidare
dal male; ma vediamo anche l’immensità della misericordia di Dio che non ci tratta
secondo i nostri peccati, ma secondo la sua misericordia”.
Vanità, prepotenza
e arroganza pesano sulle spalle di Cristo, ma è alla Risurrezione che Lui ci porta,
ha detto Papa Francesco recitando una preghiera di Gregorio Nazianzeno per evidenziare
la piccolezza dell’uomo di fronte a Dio e la grandezza del suo amore e del suo perdono,
quindi ha avuto un ultimo pensiero per i malati:
“Ricordiamo i malati, ricordiamo
tutte le persone abbandonate sotto il peso della Croce, affinché trovino nella prova
della Croce la forza della Speranza, della Risurrezione e dell’Amore di Dio”.
Intensi
i testi delle riflessioni di mons. Bregantini, che, descrivendo le piaghe del mondo
contemporaneo, mostrano che la vita, se donata, porta frutto.
Ed è una vita
aperta al prossimo quella che Cristo ci fa conoscere, quel chiunque che, accostato
predicando nell’antica Palestina, gli va incontro nelle ore della Passione: Simone
di Cirene, la Veronica, le donne di Gerusalemme. Figure che mostrano come, scrive
mons. Bregantini, “la vita se te la tieni troppo stretta, ammuffisce e si secca. Ma
se la offri, fiorisce e si fa spiga di grano” per tutti, come quella di Cristo, che
seppure piagato, stremato e per tre volte caduto, resta Maestro di vita, perché insegna
ad accettare le fragilità, a non scoraggiarsi di fronte ai fallimenti:
(Simona
De Santis) III Stazione: Gesù cade per la prima volta.
(Orazio
Coclite) “Cade per terra, ma in questa caduta, in questo cedere al peso e alla
fatica, Gesù … ci insegna ad accettare le nostre fragilità, a non scoraggiarci per
i nostri fallimenti, a riconoscere con lealtà i nostri limiti … Con questa forza interiore
che gli viene dal Padre Gesù ci aiuta anche ad accogliere la fragilità degli altri;
a non infierire su chi è caduto, a non essere indifferenti verso chi cade”.
Sulla
via verso il Golgota, nelle meditazioni di quest’anno, è come vedere Cristo incontrare
chi oggi soffre; nei suoi patimenti si possono intravedere i disagi dei detenuti nelle
carceri sovraffollate o i traumi dei bambini abusati. Ma a chi piange Gesù chiede:
(Virna
Lisi) “Non più lamenti ma voglia di rinascere, di guardare avanti, di procedere
con fede e speranza verso quell’aurora di luce che sorgerà ancora più accecante sul
capo di quanti camminano rivolti a Dio. Piangiamo su noi stessi se ancora non crediamo
in quel Gesù che ci ha annunciato il Regno della salvezza. Piangiamo sui nostri peccati
non confessati”.
Gesù muore in Croce, la XII stazione ricorda le sue ultime
parole, tutta la speranza cristiana è racchiusa lì: Dio non tace, la risposta è Cristo;
ogni supplica riceve ascolto da parte di Gesù; chi ci ama ci è sempre accanto; Dio
vuole sempre salvarci; la morte di Cristo è tutta amore; il perdono risana, trasforma
e consola; nelle mani di Dio va riposta fiducia piena, perché in Lui tutto si compone
in unità.
E quale ultima meditazione tocca a noi dinanzi a Gesù nel sepolcro?
Da quel giardino dove Cristo è stato deposto giunge l’invito a liberarsi della superbia,
del denaro, dello spreco della vita, a recidere questi “rami selvatici”, ad innestarli
al legno della Croce per respirare la volontà di Dio. La Croce di Gesù dove innestiamo
i nostri egoismi diviene vita nuova e con la morte non avrà un termine, perché in
Cristo c’è la Risurrezione.