Pasqua a Gerusalemme: dal Sepolcro nasce la luce nuova
La Veglia di Pasqua è stata celebrata a Gerusalemme, secondo gli accordi dello Status
quo, nella Basilica del Santo Sepolcro, alla presenza di numerosi fedeli. Le celebrazioni
di quest’anno assumono un particolare significato in Terra Santa per la coincidenza
con le celebrazioni della Pasqua dei cristiani ortodossi. Il francescano Frédéric
Manns, professore allo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, è
stato raggiunto telefonicamente da Gabriele Palasciano per sapere come e in
quale atmosfera si sono svolte le celebrazioni pasquali sui luoghi dove Gesù è stato
crocifisso, sepolto ed è risuscitato dai morti:
R. – Già entrando
nella Basilica, un profumo forte emana dalla pietra dell’unzione e ci ricorda che
la nostra vocazione è quella di essere - specialmente quella della donne - mirofore,
di portare il profumo di Cristo. La Chiesa celebra questa Risurrezione di Cristo nel
luogo chiamato Anastasis. Noi parliamo del Santo Sepolcro, ma i greci e gli
orientali parlano sempre dell’Anastasis. Dal Sepolcro nasce la vera luce e
di lì il vescovo proclama il Vangelo del Signore, che risorge dalla morte. Poi, la
Chiesa ha meditato tutte le meraviglie del Signore, rileggendo la Scrittura: ha fatto
sette letture. I membri rigenerati nel Battesimo sono stati invitati alla mensa del
Signore. E’ il Signore risorto che dà la vita e che dà il dono dello Spirito. Abbiamo
attualizzato questo mistero pasquale nella celebrazione dell’Eucaristia. Abbiamo,
quindi, tutti e tre gli elementi del kerygma: Cristo è morto per noi; Cristo
è risorto per la nostra giustificazione; Cristo perdona i nostri peccati nel Battesimo.
D.
– Che cosa ha caratterizzato l’atmosfera con cui i fedeli hanno vissuto questa celebrazione?
R.
– La celebrazione è stata seguita in modo veramente intenso da tutti i partecipanti.
La cosa più bella della liturgia di Gerusalemme è che dal Sepolcro nasce la luce nuova.
Questa è la prima novità della celebrazione della Pasqua a Gerusalemme. Seconda novità:
la lunga tradizione, che risale a Egeria (IV sec. d.C.), vuole che il vescovo stesso,
e non il diacono, proclami il Vangelo del Signore davanti all’edicola della Risurrezione.
Quindi, è veramente importantissimo questo simbolismo della luce: ci ricorda che Dio
ha creato la luce, che l’uomo è stato vestito di luce e che tutti noi dobbiamo essere
figli della luce.
D. – Quale messaggio si irradia per la Terra Santa e per
il mondo intero dal luogo della Passione e della Risurrezionedi Cristo per
questa Pasqua?
R. – Il messaggio è espresso chiaramente nell’Exultet,
l’invito alla gioia. Questa è la vera Pasqua, in cui si uccide il vero agnello, che
con il suo sangue consacra le case dei fedeli; questo è il giorno in cui Dio ha liberato
i figli d’Israele, i nostri padri, dalla schiavitù dell’Egitto e li ha fatti passare
illesi attraverso il Mar Rosso; questo è il giorno in cui ha vinto le tenebre del
peccato con lo splendore della colonna di luce; questo è il giorno che salva su tutta
la Terra i credenti nel Cristo dall’oscurità del peccato e della corruzione del mondo.
Il messaggio fondamentale è che sono state le donne che hanno ricevuto questo messaggio
e che sono state mandate a portare questo Vangelo agli apostoli. La tradizione patristica
le chiama le “apostole degli apostoli” Quindi la vocazione della donna è molto bella:
deve essere mirofora, portare il profumo di Cristo, e deve annunciare ai successori
degli Apostoli, ai vescovi, che Cristo è vivo, Cristo è risorto. E poi il messaggio
del Vangelo: “Vi precedo in Galilea”. Sappiamo che la Galilea è la terra dei pagani,
la Galilea delle genti, del mondo secolarizzato, dove noi viviamo e abbiamo ricevuto
questa missione di dire che la vita è più forte della morte. Gli ebrei, quando hanno
celebrato la Pasqua, hanno mangiato le erbe amare. Anche qui a Gerusalemme, e in tutto
il Medio Oriente, rimangono tantissime sofferenze, ma alla luce della Pasqua la sofferenza
degli uomini viene trasfigurata. C’è una tradizione rabbinica molto bella, per cui
le sofferenze sono amabili, perché a causa delle sofferenze Dio ha dato tre doni al
suo popolo: gli ha dato la Terra, il Tempio e la Torah. A Gerusalemme, gli
ebrei, per la Pasqua, mangiano gli azzimi. Paolo ricorda: “Cristo, nostra Pasqua,
è stato immolato”. Celebriamo la festa con gli azzimi di sincerità e di verità. Quindi
ciascuno deve considerarsi personalmente uscito dall’Egitto e ciascuno deve essere
associato al mistero pasquale. Il messaggio di Pasqua è che Dio crea cieli nuovi,
una terra nuova, un uomo nuovo.