2014-04-18 16:03:20

Via Crucis a Pisa: la città prega per il bengalese morto in un'aggressione


Una violenza senza motivo: è questo ad aver ucciso Zakir Hossain, il bengalese di 32 anni, morto martedì scorso in seguito all’aggressione di un gruppo di quattro ragazzi, nel centro storico di Pisa. Una provocazione e poi il pugno mortale. La prefettura è sulle tracce di un tunisino, riuscito a rimpatriare, che potrebbe essere l’autore del gesto omicida. Resta lo sgomento e l’incredulità, affermano la Caritas locale e la diocesi, che stasera dedicheranno una tappa della Via Crucis, per le strade del centro, anche al giovane morto e alla sua famiglia. Il servizio di Gabriella Ceraso:

Non sappiamo cosa pensare! Ora sentiamo solo il dolore di una tragedia di questa portata, nei confronti della quale Pisa non è assolutamente abituata, essendo città tranquilla e accogliente”. Così don Emanuele Morelli, direttore della Caritas della città, circa la morte di Zakir Hossain, il giovane bengalese che aveva conosciuto e seguito attraverso la Caritas, personalmente. Aveva una moglie - ci racconta - e dei figli in Bangladesh, che manteneva proprio con il suo lavoro di cameriere:

“Abbiamo timore che sia violenza gratuita, che non abbia uno sfondo razziale, anche perché non ci sono mai stati segnali di distanza, di razzismo nei confronti della comunità bengalese che è una comunità abbastanza silenziosa, in città: presente, numerosa ma anche industriosa, laboriosa …”.

Don Emanuele Morellli esamina anche la condizione della gioventù locale, appena coinvolta nella Missione giovani, voluta proprio dalla diocesi: una missione che aveva visto giovani di diverse etnie in momenti di festa e di condivisione:

“Certamente è una provocazione, per noi come Chiesa, a interrogarci sempre di più e sempre meglio, sulla condizione giovanile e a lavorare sui percorsi di prevenzione a queste forme di disagio latente”.

Gli interrogativi sono tanti, sottolinea anche l’arcivescovo di Pisa mons. Giovanni Paolo Benotto, che per questa sera ha organizzato una "Via Crucis" per le strade del centro, anche sui luoghi dell’aggressione. Mons. Benotto:

R. – Gli interrogativi sono quelli che tutte le persone si pongono: perché? Perché può succedere un fatto del genere? Anche se, purtroppo, dobbiamo dire che di forme di violenza ce ne sono tantissime! Siamo immersi in forme di violenza, soprattutto verbale, che non di rado poi diventano anche violenza fisica; nelle relazioni, nella non accoglienza, la non disponibilità … Ora, stasera noi faremo la nostra "Via Crucis" passando proprio lì, e non potremo non pensare alla famiglia di Zakir che, appunto, è rimasta priva di colui che la sostentava, pur essendo tanto lontano”.

D. – Sulla croce – lei ha detto in un’intervista al Corriere Fiorentino – insieme al Cristo crocifisso ci saranno tutti coloro che, come Gesù, sono colpiti dalla violenza: gli ultimi, i poveri, le persone più fragili. In questo modo, c'è quasi idealmente un collegamento con Roma, con la "Via Crucis" del Papa …

R. – Certamente. In Gesù, tutti siamo rappresentati, soprattutto chi soffre, ma da Gesù tutti quelli che soffrono, proprio attraverso la preghiera, vengono sostenuti e aiutati nel loro cammino.

D. – Cosa chiedere, anche per questi giovani che hanno compiuto questo gesto?

R. – Per chi ha fatto questo, conversione. Cioè, noi vogliamo aiutare anche chi è veramente andato fuori strada, a ritrovare un minimo di strada retta, nella conversione e, direi, anche nella penitenza: una penitenza e una conversione a cui siamo chiamati tutti, perché nessuno di noi può dirsi immune da peccati o da fragilità, e tutti abbiamo bisogno di crescere. Ma, o si cresce insieme o altrimenti il rischio è che davvero, ciò che impazzisce diventi uno stile che poi coinvolge anche chi non vorrebbe.







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