Nel Venerdì Santo, la Colletta per la Terra Santa. Padre Pizzaballa: aiutare i cristiani
a non andare via
Com’è tradizione del Venerdì Santo, la Chiesa è impegnata nella “Colletta per la Terra
Santa”, raccolta che mantiene forte il legame tra i cristiani del mondo e i Luoghi
Santi: le offerte delle parrocchie vengono trasmesse alla Custodia di Terra Santa,
che le impiega poi per il mantenimento dei Luoghi stessi e per i cristiani locali.
Il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali,
nella lettera inviata ai pastori della Chiesa universale, ha sottolineato come “ancora
oggi” la Colletta sia “fonte principale per il sostentamento” dei cristiani di Terra
Santa, secondo la volontà dei Papi che “hanno sempre esortato a gesti di autentica
carità fraterna”. Sul significato della Colletta, alla vigilia del viaggio di Papa
Francesco a maggio in Giordania, Territori palestinesi e Israele, Giada Aquilino
ha intervistato il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa:
R. – Un significato,
rafforzato dalla visita del Papa, è quello del sostegno alla presenza cristiana in
Terra Santa, che si esprime in due modi: per i luoghi di culto e soprattutto i Luoghi
Santi, che sono testimonianza della storia della Rivelazione; e per la presenza cristiana,
che il Papa con la sua visita verrà ad incoraggiare e a sostenere, anche fisicamente.
D.
– Di fatto, la Colletta come viene impiegata?
R. – Un terzo della colletta
va per la manutenzione dei Luoghi Santi: ricordiamo infatti che l’iniziativa si chiama
“Colletta dei Luoghi Santi”. Gran parte, comunque la maggioranza - quasi due terzi
– della Colletta va poi a sostenere progetti di supporto alla presenza cristiana:
la creazione di posti di lavoro; il restauro di case vecchie, antiche, dei cristiani
soprattutto a Gerusalemme, o scuole, principalmente nella zona di Betlemme e di Gerico.
E una parte va anche per i cristiani di Siria.
D. – Quindi, in un certo senso,
aiuta anche i cristiani locali a lottare contro un esodo che continua…
R. –
Sì, uno dei problemi della presenza cristiana, in tutto il Medio Oriente e in particolare
in Terra Santa, è proprio quello dell’emigrazione di queste persone, che preferiscono
trovare condizioni di vita migliori, soprattutto in Occidente. La Colletta serve proprio
a creare condizioni dignitose, perché i cristiani possano restare qui.
D. –
Il Papa nella tappa in Giordania incontrerà anche i piccoli profughi siriani. Lei
ha detto che una parte della Colletta è a sostentamento anche dei cristiani di Siria...
R.
– Sì, una parte - soprattutto adesso che c’è la guerra - sempre più consistente viene
inviata alle comunità parrocchiali di Siria, di Damasco, di Aleppo, di Latakia, in
alcuni villaggi vicino alla Turchia. Questo serve proprio per cercare di aiutarli
nel momento attuale, in cui non hanno grande possibilità di vita e non possono neanche
emigrare.
D. – Che Pasqua è questa, proprio in preparazione alla visita del
Papa?
R. – Qui a Gerusalemme, in modo particolare, la Pasqua ha i suoi ritmi.
Quest’anno il calendario ortodosso e il calendario ‘occidentale’ coincidono. Quindi
ci saranno tutte le celebrazioni negli stessi luoghi, per le diverse Chiese. Questo
rende tutto, dal punto di vista spirituale e religioso, molto bello, ma anche più
complicato da gestire. Inoltre siamo nella settimana della Pasqua ebraica, per cui
Gerusalemme quest’anno è molto piena di pellegrini, di tutti i colori e di tutte le
provenienze. Ciò rende tutto confusionario, ma anche bello e con un clima di festa.
Il flusso dei pellegrini poi è ripreso, pure se è cambiata la provenienza. In passato
erano prevalentemente occidentali, ma quest’anno gli occidentali sono molto meno rispetto
agli anni precedenti. Sono aumentati i pellegrini dall’America Latina, dalla Russia
e anche dall’Asia.
D. – A Pasqua, Papa Francesco chiede di accogliere la grazia
della misericordia di Dio, lasciando che la potenza del suo amore trasformi l’odio
in amore, appunto, la vendetta in perdono, la guerra in pace. Che significato ha in
Terra Santa, che pace tra israeliani e palestinesi ancora non conosce?
R.
– Queste parole, che sono forti per chiunque, qui in Terra Santa acquistano un significato
molto concreto, molto tangibile. “Misericordia”, “perdono”, “dialogo” qui riportano
subito alla situazione politica, di tensione tra israeliani e palestinesi, di una
pace che da molto tempo è negoziata ma mai raggiunta. E indicano anche una situazione
di grande sofferenza in tantissime famiglie, soprattutto quelle palestinesi. E’ un
richiamo per noi cristiani a rendere concreti e tangibili, con la nostra testimonianza,
questi valori che sono prioritari per la nostra vita.