Sud Corea. La Chiesa prega per le vittime del traghetto. Il Paese vive nel dolore
Tutta la Corea "è in uno stato di grande dolore e di grave ansia, anche perché fra
le vittime di questa tremenda tragedia vi sono anche diversi adolescenti che volevano
fare una gita... Possiamo soltanto pregare per loro e per le loro famiglie, attanagliate
dall'angoscia, sperando che la nostra preghiera e la nostra solidarietà possano essere
di qualche conforto". È il commento rilasciato all'agenzia AsiaNews da mons. Pietro
Kang U-il, vescovo di Jeju e presidente della Conferenza episcopale coreana, dopo
il drammatico naufragio del traghetto Sewol.
In un primo momento, le stesse
autorità sudcoreane avevano fissato il bilancio delle vittime a 2 persone - un membro
dell'equipaggio e uno studente - e avevano parlato di circa "un centinaio di dispersi".
Nel corso della giornata le cose sono peggiorate: le vittime accertate sono 28, ma
i dispersi sono oltre 265. Il traghetto aveva infatti a bordo 475 passeggeri: di questi
soltanto 179 sono stati tratti in salvo. I feriti gravi recuperati si contano a decine.
Al
momento, le ricerche dei sopravvissuti sembrano progredire in maniera molto lenta.
Le pessime condizioni del mare e il vento, al momento molto forte, rendono quasi impossibili
le immersioni e lo scandagliamento con i radar. Nella ricerca sono impiegate 169 navi
di diverse dimensioni e 29 velivoli militari. La presidente, Park Geun-hye, ha invitato
tutte le parti coinvolte a "fare presto, salvando ogni vita possibile".
Secondo
mons. Kang "nonostante l'impegno delle autorità, le speranze di recuperare qualche
passeggero ancora vivo diminuiscono di ora in ora. Il mare nell'area è veramente terribile,
e questo non aiuta. I sopravvissuti al momento sono sconvolti, il trauma psicologico
che hanno subito è davvero enorme. Possiamo soltanto pregare il Signore, affinché
aiuti le vittime e i loro familiari, e sperare che la preghiera e la solidarietà possano
in qualche modo consolare tutte le persone coinvolte in questo disastro". (R.P.)