Siria. L'esercito avanza verso Homs. Attaccate aree in prevalenza cristiane
Continuano le violenze in Siria in particolare nelle aree a prevalenza cristiana.
Colpi di mortaio lanciati dai ribelli, hanno colpito ieri una scuola armeno cattolica
di Damasco e un’area cristiana nel quartiere di Al Dwailaa, uccidendo un bambino e
ferendo una sessantina di persone. Devastazione di chiese e luoghi di culto anche
a Maalula, il villaggio cristiano riconquistato dal regime che è avanzato in offensiva
fino alla citta' vecchia di Homs, dove i ribelli sono assediati da quasi due anni.
In questo scenario è stata presentata in Turchia una nuova organizzazione d’opposizione
al regime che rivendica di avere il sostegno del 90% dei ribelli e che si propone
tra l’altro di lavorare con le organizzazioni umanitarie. Sul ruolo effettivo di questo
nuovo “Consiglio islamico siriano”, Gabriella Ceraso ha intervistato Massimiliano
Trentin ricercatore di Storia del Medio Oriente all’Università di Bologna:
R. – L’esperienza
del passato ci deve rendere molto cauti. Molte altre formazioni, infatti, rivendicavano
l’estrema rappresentatività e nei fatti poi non lo erano.
D. – Può rappresentare,
comunque, per come è costituito da studiosi islamici e rappresentanti di diverse comunità,
anche arabe e curde, una chance in più dal punto di vista della diplomazia e del dialogo?
R.
– A mio avviso può, nell’immediato, complicare ulteriormente la geografia delle opposizioni
in Siria e la loro fruibilità da parte delle diplomazie. Tuttavia, l’aspetto forse
più importante della formazione in Turchia di questo Consiglio islamico è di riaccreditare,
rinforzare quelle correnti dei ribelli, che sì continuano ad opporsi al regime, ma
contemporaneamente vogliono prendere le distanze dalle formazioni radicali jihadiste,
che da un anno a questa parte hanno dimostrato di monopolizzare le attività militari
di contrasto al regime. La questione è se il fronte delle opposizioni interne, regionali
e internazionali, riuscirà a trovare un minimo comune denominatore accettabile da
parte del regime per portare ad una soluzione politica ed evitare che il regime e
l’esercito riescano a riconquistare tutto il Paese.
D. – Proprio per quanto
riguarda il regime, sta continuando a pieno ritmo l’offensiva che dal confine con
il Libano fino a Damasco sta portando l’esercito a riconquistare tutte le terre, che
prima erano in mano ai ribelli. E’ un cammino inesorabile. E’ questo, dunque, il futuro
della Siria?
R. – Questo è un percorso che l’esercito siriano ha iniziato più
o meno da un anno e si è dimostrato non facile, gradualmente però si è dimostrato
un successo. Loro sono convinti che nel giro di due o tre anni o anche, al massimo,
di cinque anni potranno recuperare tutte le posizioni perdute. Dal punto di vista
economico e finanziario sembra che abbiano tutte le risorse disponibili; dal punto
di vista militare, gli aiuti estremamente generosi danno delle garanzie, per cui ragionano
in tempi medio lunghi. Ragionare in questi termini, avendo a disposizione delle risorse,
è un vantaggio che le formazioni dei ribelli, come anche le diplomazie occidentali,
non hanno.
D. – Lei è di questo parere? Accadrà così?
R. – Sembra che
questo sia lo scenario più plausibile al momento. Poi, bisogna vedere se accadranno
eventi particolarmente rilevanti o drammatici, tra cui anche quelli in Ucraina, e
quindi se questa contrapposizione tra Russia, Europa e Stati Uniti possa in qualche
modo influenzare la crisi in Siria e anche cambiare l’equazione dei rapporti di forza.