Il cardinale Parolin: tanti i nostri fratelli perseguitati da odio anticristiano
Ancora oggi “in diversi contesti tanti nostri fratelli e sorelle permangono oggetto
di un odio anticristiano”. Così il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin,
ha ricordato quanti negli ultimi anni hanno offerto la loro vita per il Vangelo, nella
Veglia di preghiera organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio, ieri pomeriggio a Roma,
in memoria dei “nuovi martiri” cristiani. Il servizio di Debora Donnini:
Sono persone
come noi, stesse paure e debolezze, eppure sembrano “eroi lontani dai nostri limiti
e dalle nostre contraddizioni”. Sono persone che vivono in Paesi dove dichiararsi
cristiano lo si fa a rischio della vita. Il cardinale Pietro Parolin ricorda che la
loro è una forza “che il mondo non conosce e che paradossalmente si manifesta nella
sconfitta e nell’umiliazione di quanti soffrono a causa del Vangelo”. Il porporato
cita una ormai famosa omelia di Papa Francesco a Santa Marta un anno fa, quando disse
che anche “nel XXI secolo, la nostra Chiesa è una Chiesa di martiri”:
“Pur
nella loro debolezza essi hanno opposto strenua resistenza al male, nella loro fragilità
è rifulsa la forza della fede e della grazia del Signore. Questa forza attraversa
le nostre Chiese, le nostre comunità cristiane: sono cattolici, ma anche ortodossi,
evangelici, anglicani e ci invitano all’unità”.
“Tanti – nota il porporato
– sono stati sacrificati per il loro rifiuto di piegarsi al culto degli idoli del
ventesimo secolo, il comunismo e il nazismo, l’idolatria dello Stato o della razza.
Molti altri sono caduti nel corso di guerre etniche o tribali”. “In diversi contesti
– ripete il segretario di Stato vaticano – tanti nostri fratelli e sorelle permangono
oggetto di un odio anticristiano. Non vengono perseguitati perché a essi viene conteso
un potere mondano, politico, economico o militare, ma propriamente perché – dice –
sono testimoni tenaci di un’altra visione della vita, fatta di abbassamento, di servizio,
di libertà, a partire dalla fede”:
“Quando i cristiani sono veramente lievito,
luce e sale della terra, diventano anche loro, come avvenne per Gesù, oggetto di persecuzione,
come Lui sono segno di contraddizione”.
“Talvolta – evidenzia – è il solo
nome di cristiano ad attirare l’odio, perché esso richiama la forza pacificante” che
essi portano: si tratta di "volontari", "laici o consacrati”, “giovani e anziani,
la cui vita è stata recisa mentre servivano generosamente la Chiesa”. La geografia
delle persecuzioni è vasta: Nigeria, Pakistan, Indonesia, Iraq, Kenya, Tanzania, Repubblica
Centroafricana. “I testimoni della fede – disse una volta Giovanni Paolo II – non
hanno considerato” il “proprio benessere, la propria sopravvivenza come valori più
grandi della fedeltà al Vangelo”. Ringraziamoli – conclude il segretario di Stato
vaticano – per il fatto di restare “nonostante le minacce e le intimidazioni” per
far “conoscere ovunque il nome del Signore Gesù, vera origine della globalizzazione
dell’amore”.
Durante l’incontro sono stati ricordati i nomi di quanti, in questi
anni nei Cinque Continenti, hanno speso la loro vita per il Vangelo. Da padre Frans
Var der Lugt, il gesuita di 75 anni ucciso in Siria lo scorso 7 aprile, a padre Pino
Puglisi la cui vita è stata spezzata dalla mafia nel 1993.
A margine dell’incontro
il cardinale Parolin si è soffermato su alcuni temi. Sul Venezuela, dove è stato nunzio
apostolico prima di essere nominato segretario di Stato vaticano, ha detto che la
Chiesa e la Nunziatura “hanno sempre cercato di offrire la loro presenza e la loro
opera” per “avvicinare le parti” e tentare di trovare punti comuni per il bene del
Paese. Per quanto riguarda il viaggio che Papa Francesco farà in Corea del Sud ad
agosto, il segretario di Stato ha detto che il Pontefice dirà certamente qualcosa
perché “ci sia pace e riconciliazione nella penisola coreana”.