2014-04-15 15:38:02

Vittime e feriti nei quartieri cristiani di Damasco, nasce un nuovo gruppo di opposizione


Continuano le violenze in Siria in particolare nelle aree a prevalenza cristiana. Colpi di mortaio lanciati dai ribelli hanno colpito una scuola armeno-cattolica di Damasco e un’area cristiana vicina alla chiesa di Mar Elias, nel quartiere di Al Dwailaa. Il bilancio è di un bambino morto e una sessantina di feriti. Devastazione di chiese e luoghi di culto si registra inoltre, stando a fonti giornalistiche internazionali, a Maalula, il villaggio cristiano riconquistato dal regime dopo 4 mesi di dominio dei ribelli. In questo scenario è stata presentata, ieri, in Turchia una nuova organizzazione d’opposizione al regime che rivendica di avere il sostegno del 90% dei ribelli e che si propone tra l’altro di lavorare con le organizzazioni umanitarie. Sul ruolo effettivo di questo nuovo “Consiglio islamico siriano”, Gabriella Ceraso ha parlato con Massimiliano Trentin, ricercatore di Storia del Medio Oriente al Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Bologna:RealAudioMP3

R. – L’esperienza del passato ci deve rendere molto cauti. Molte altre formazioni, infatti, rivendicavano l’estrema rappresentatività e nei fatti poi non lo erano.

D. – Può rappresentare, comunque, per come è costituito da studiosi islamici e rappresentanti di diverse comunità, anche arabe e curde, una chance in più dal punto di vista della diplomazia e del dialogo?

R. – A mio avviso può, nell’immediato, complicare ulteriormente la geografia delle opposizioni in Siria e la loro fruibilità da parte delle diplomazie. Tuttavia, l’aspetto forse più importante della formazione in Turchia di questo Consiglio islamico è di riaccreditare, rinforzare quelle correnti dei ribelli, che sì continuano ad opporsi al regime, ma contemporaneamente vogliono prendere le distanze dalle formazioni radicali jihadiste, che da un anno a questa parte hanno dimostrato di monopolizzare le attività militari di contrasto al regime. La questione è se il fronte delle opposizioni interne, regionali e internazionali, riuscirà a trovare un minimo comune denominatore accettabile da parte del regime per portare ad una soluzione politica ed evitare che il regime e l’esercito riescano a riconquistare tutto il Paese.

D. – Proprio per quanto riguarda il regime, sta continuando a pieno ritmo l’offensiva che dal confine con il Libano fino a Damasco sta portando l’esercito a riconquistare tutte le terre, che prima erano in mano ai ribelli. E’ un cammino inesorabile. E’ questo, dunque, il futuro della Siria?

R. – Questo è un percorso che l’esercito siriano ha iniziato più o meno da un anno e si è dimostrato non facile, gradualmente però si è dimostrato un successo. Loro sono convinti che nel giro di due o tre anni o anche, al massimo, di cinque anni potranno recuperare tutte le posizioni perdute. Dal punto di vista economico e finanziario sembra che abbiano tutte le risorse disponibili; dal punto di vista militare, gli aiuti estremamente generosi danno delle garanzie, per cui ragionano in tempi medio lunghi. Ragionare in questi termini, avendo a disposizione delle risorse, è un vantaggio che le formazioni dei ribelli, come anche le diplomazie occidentali, non hanno.

D. – Lei è di questo parere? Accadrà così?

R. – Sembra che questo sia lo scenario più plausibile al momento. Poi, bisogna vedere se accadranno eventi particolarmente rilevanti o drammatici, tra cui anche quelli in Ucraina, e quindi se questa contrapposizione tra Russia, Europa e Stati Uniti possa in qualche modo influenzare la crisi in Siria e anche cambiare l’equazione dei rapporti di forza.







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