2014-04-15 08:53:12

La comunità ebraica nel mondo celebra la Pasqua


Dal tramonto di ieri, 14 aprile, e fino al 22, la comunità ebraica in tutto il mondo celebra la Pesach, ovvero la Pasqua. Una ricorrenza che anche Papa Francesco ha ricordato inviando, venerdì scorso, 11 aprile, un messaggio di auguri al rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni.

La Pasqua ebraica, chiamata in ebraico Pesach termine che significa “passaggio”, è una delle tre feste più importanti nell’ebraismo. I suoi fondamenti si trovano nel libro dell’Esodo (capitolo 12): Dio libera Israele, suo popolo, dalla schiavitù dell’Egitto, e lo libera dicendo che “passerà” per il Paese d’Egitto colpendo e castigando i nemici. Da quel “passaggio” di Dio si ricava il termine di “Pesach”. Per volontà divina, la Pasqua ebraica deve essere celebrata ogni anno, trasmettendo il racconto della fedeltà di Dio al suo popolo e della liberazione dalla schiavitù a tutte le generazioni.

Il libro dell’Esodo dice che il ricordo di quell’evento della storia della salvezza deve essere ricordato per sempre: è un memoriale. La festa è anche legata al ciclo delle stagioni, in particolare alla maturazione dei primi cereali nel Vicino Oriente. Così, alla sera del giorno 14 del mese di Nisan, quindi il giorno 15, gli ebrei, riuniti in famiglia, piccoli e grandi, si ritrovano per celebrare la pasqua con la cena detta seder, che significa “ordine”. Infatti, nel corso del pasto, preghiere, inni, meditazioni (come quelle tratte dall’Haggadah di Pesach, una sorta di commentario-omelia sul significato della Pasqua), domande e commentari si svolgono seguendo un ordine. Si mangiano erbe amare ed il mitzà, il pane azzimo, ricordo del fatto che non c’era tempo per far lievitare il pane per la fuga dall’Egitto, ma anche simbolo della difficoltà della schiavitù e della chiamata, da parte di Dio, ad eliminare la corruzione del peccato che è nascosta nel cuore dell’uomo.

Questo centro della storia della salvezza, la Pesach, ha una durata di sette giorni in Israele e di otto per le comunità ebraiche della diaspora: il primo e l’ultimo giorno (per la diaspora, gli ultimi due) sono molto solenni. Il rapporto tra i membri del popolo ebraico e con Dio, Signore della Libertà contro l’oppressione e l’oppressore, si rinnova ma, anche, si “ri-attualizza”. (G.P.)







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