Siria: l'esercito ha ripreso il controllo di Maalula
L'esercito siriano fedele al Presidente Assad ha ripreso il controllo della città
di Maalula, a 50 chilometri da Damasco. La notizia proviene da fonti della sicurezza
siriana, secondo le quali l'esercito governativo sta guadagnando terreno in tutta
la regione contesa del Qalamun. La cittadina di Maalula, dove si trovano il monastero
di Santa Tecla e il santuario dedicato ai santi Sergio e Bacco, era nelle mani delle
milizie ribelli da circa quattro mesi.
Tra le formazioni che avevano attaccato
la città figuravano anche i miliziani jihadisti di Jabhat al-Nusra. Il 3 dicembre
dello scorso anno, 13 suore greco-ortodosse del monastero di Santa Tecla erano state
prelevate insieme a tre loro collaboratori. Il sequestro si è concluso felicemente
domenica 9 marzo, quando le suore e i tre dipendenti sono stati liberati in territorio
libanese.
Nell’ambito dell’offensiva in corso da giorni, le truppe governative
avevano già ripreso il controllo di altre città strategiche per la loro vicinanza
con la frontiera libanese, quali Yabroud e Rankhous.
Continua intanto anche
l’uso di armi convenzionali con decine di raid aerei e bombe di ogni tipo oggi nel
Paese. Almeno 275 i morti solo ieri secondo l'Osservatorio nazionale siriano per i
diritti umani. Riguardo le nuove accuse sulle armi chimiche, Davide Maggiore
ha raccolto il commento di Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana
ed esperto dell'area: R. – Fu complicato
anche capire ciò che successe realmente con il primo attacco: quello fu veramente
una clamorosa strage, nei sobborghi di Damasco… Oggi, la storia si ripete con questo
attacco che ha provocato molto meno vittime ma che è ugualmente significativo perché
vuol dire che la capacità di produrre armi chimiche o eventualmente gli stock ammassati
in precedenza sono ancora lì, sul terreno, e possono essere usati.
D. – C’era
stato un impegno formale a smantellare le armi chimiche una missione deputata a questo…
R.
– Intanto, pare che i gas usati in questa occasione specifica siano pesticidi, cioè
siano armi chimiche messe insieme non con un sistema industriale, ma con un sistema
più “artigianale”. Ma ugualmente micidiale, come si vede. Quindi, questo forse ci
dice che lo smantellamento delle riserve funzionò, fu reale, ma appunto si continua
a produrre armi chimiche – ripeto – “artigianali” sul terreno. Questo ovviamente getta
prospettive ancora più cupe sulla guerra in corso, che già è sufficientemente cupa
di suo. Sono state ammazzate 150 mila persone in Siria, in questi tre anni, e di questi
150 mila circa un migliaio sono attribuite alle armi chimiche. Cioè, questo delle
armi chimiche è un incubo che va ovviamente fermato, annullato. Però, le armi tradizionali
– pistole, esplosivi – uccidono in Siria tutti i giorni.
D. – C’è qualche possibilità
che la comunità internazionale possa intervenire per garantire una pace?
R.
– Temo che a questo punto la comunità internazionale possa fare abbastanza poco. All’origine
di questa guerra c’è una tremenda responsabilità di Assad, perché quando tre anni
fa la gente, le opposizioni, chiedevano un po’ più di democrazia, un po’ più di apertura,
Assad ha reagito sparando a richieste molto moderate. Però, le potenze occidentali
hanno aperto una sorta di vaso di Pandora che ha spalancato le porte al peggio del
terrorismo qaedista, e questo qaedismo non risponde poi agli appelli alla ragionevolezza
della Russia, degli Stati Uniti, di questo o di quello… Questo qaedismo ha obiettivi
propri che è disposto a perseguire a dispetto di tutto e di tutti e, soprattutto,
a dispetto del costo di vite umane che questi obiettivi comportano.