Nigeria: la Chiesa condanna gli attentati ad Abuja
Due forti esplosioni avvenute nella stazione dei bus del Nyanya Motor Park nella capitale
della Nigeria, Abuja, hanno provocato decine di morti. Le autorità non hanno ancora
diffuso comunque un bilancio ufficiale dell’esplosione che ha coinvolto decine di
autoveicoli.
“Il luogo dove è stato perpetrato l’attentato di oggi è uno dei
maggiori sobborghi di Abuja e si trova a 15-20 km dal centro di Abuja” dice all’agenzia
Fides padre Patrick Tor Alumuku, direttore delle Comunicazioni sociali dell’arcidiocesi
di Abuja. “La stazione dei bus colpita dall’esplosione è utilizzata abitualmente da
un gran numero di pendolari per recarsi al lavoro nel centro della capitale. Le vittime
sono dunque persone normali, appartenenti alla classe lavorativa, che si stavano recando
al proprio posto di lavoro. Le autorità non hanno ancora confermato che si sia trattato
di un attentato di Boko Haram, ma le modalità del crimine fanno pensare a Boko Haram”
continua padre Patrick.
Proprio ieri, domenica 13 aprile, Boko Haram aveva
ucciso almeno 60 persone in diversi villaggi nel nord-est della Nigeria. “La situazione
è molto difficile. L’esercito sta dando la caccia agli uomini di Boko Haram ma questi
in risposta commettono rappresaglie contro i civili” dice padre Patrick.
Il
sacerdote spiega che la capacità della setta islamista di resistere agli attacchi
dell’esercito deriva dagli aiuti che riceve dall’estero.“Un gran numero di combattenti
di Boko Haram non sono nigeriani, perché Al Qaida nel Maghreb Islamico (Aqmi, operante
soprattutto in Mali e in Niger,ndr.) ha deciso di offrire supporto alla setta islamista
nigeriana” afferma padre Patrick. Cosi centinaia di uomini di Aqmi provenienti dall’estero
sono giunti in Nigeria per rimpolpare le file di Boko Haram. A sua volta Aqmi riceve
fondi da alcuni Stati che in questo modo conducono di fatto una guerra indiretta contro
la Nigeria. Aqmi quindi è coinvolta nel finanziamento, nel supporto e nell’addestramento
dei combattenti di Boko Haram. Non è più dunque una guerra interna”. (R.P.)