Libia ancora nel caos, si dimette il premier ad interim
Clima di preoccupante destabilizzazione in Libia. Dopo le dimissioni del premier ad
interim, Abdullah al Thani, a causa – si legge in un comunicato del governo – di un
attacco armato contro il leader e la sua famiglia, proseguono i processi a carico
degli esponenti dell’ex regime del rais Gheddafi. Il clima nel Paese nordafricano
appare ancora di forte contrapposizione. Sulla crisi politica, Giancarlo La Vella
ha intervistato Arturo Varvelli,esperto di Libia, ricercatore dell’Ispi,
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R. - Penso
che questo sia sintomatico del fatto che il Paese stia prendendo la strada dell’ingovernabilità.
Di fatto il governo non controlla il Paese e sta diventando una figura sempre più
meramente rappresentativa, purtroppo. Abbiamo visto che l’autorità centrale è incapace
di difendersi, di garantire la governabilità e di esercitare i propri poteri. Questa
è una situazione molto drammatica che getta delle ombre inquietanti sul futuro del
Paese.
D. – Intanto, continuano ad andare avanti i processi nei confronti degli
esponenti dell’ex regime di Gheddafi. Questo significa che siamo ancora nella fase
della resa dei conti?
R. – Sì, è questo il problema essenziale. Il Paese non
ha superato la fase della resa dei conti, per cui certamente non è possibile costituire
il Paese su basi solide. I conti vanno chiusi molto velocemente in queste transizioni.
La Libia non è l’unico caso al mondo, naturalmente. Quindi bisogna chiudere il capitolo
e dare una certezza istituzionale al nuovo Paese.
D. – Le divisioni tribali
che hanno sempre caratterizzato la Libia anche oggi ci presentano un Paese ancora
spaccato in due?
R. – Certamente le divisioni tribali hanno un ruolo, però
ancora più delle divisioni tribali credo che a questo punto siano importanti i localismi
e i regionalismi perché questi due fattori insieme stanno rendendo difficoltoso governare
questo Paese. Vediamo che le milizie si sono raggruppate attorno alle regioni o alle
città; ognuno ha in mente di garantire il proprio tornaconto e non naturalmente l’unità
del Paese o il bene comune.
D. – Quale Libia è auspicabile nell’interesse dei
libici innanzitutto, ma anche nell’interesse della comunità internazionale?
R.
– Penso che i libici debbano trovare da soli una strada e questo non può accadere
se non attraverso un processo di riconciliazione che sarà lungo, faticoso ma che devono
portare a termine con la maggiore convinzione. Per cui anche interferenze esterne
possono causare tendenze contrapposte, e quindi non aiutare ma forse rendere il processo
più difficile. Invece, certamente c’è bisogno che noi europei in particolare siamo
capaci di far applicare loro un metodo che è appunto quello della riconciliazione,
del dialogo nazionale, della via democratica in qualche misura, aiutare le istituzioni
come stiamo facendo e come abbiamo cominciato a fare, purtroppo, troppo tardi.