Ucraina: continua il confronto Usa-Russia all'insegna di proposte di dialogo e minacce
di sanzioni
Dialogo e sanzioni. E’ il contrastante binomio che ha caratterizzato le ultime ore
sul fronte della crisi in Ucraina. Confermato l’incontro del 17 aprile a Ginevra per
trovare una soluzione diplomatica, ma intanto il presidente russo Putin dichiara la
“guerra del gas” a Kiev e Washington vara nuove sanzioni economiche contro Mosca.
Il servizio di Alessandro Gisotti:
Economia in
primo piano nella crisi ucraina: si acuisce, infatti, la “guerra del gas” dichiarata
nei confronti di Kiev da Putin, che in una lettera a 18 capi di Stato e di governo
europei ha ammonito sul rischio delle interruzioni delle forniture al Vecchio continente.
Mosca, ha specificato il capo del Cremlino, onorerà i suoi obblighi di fornire gas
all'Europa ma, ha sottolineato, “il problema è assicurare il transito attraverso l’Ucraina
se Gazprom sarà costretta a chiudere i rubinetti a Kiev per il mancato pagamento del
metano”. Dal canto loro, gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni contro sette
leader separatisti ucraini della Crimea e contro la società del gas della penisola
ucraina.
Resta alta anche la tensione tra Nato e Mosca: lo stato maggiore
russo ha contestato la veridicità delle immagini satellitari diffuse dall'Alleanza
Atlantica sulla presenza massiccia di truppe russe vicino al confine ucraino. Il ministro
degli Esteri russo, Lavrov, ha inoltre assicurato che Mosca non ha alcun piano di
far aderire le regioni sud-orientali dell’Ucraina alla Russia. Nonostante queste tensioni
a più livelli è stata, comunque, confermata la riunione quadripartita tra Ucraina,
Russia, Stati Uniti e Unione europea per il 17 aprile a Ginevra. Un incontro - ha
spiegato il dipartimento di Stato americano - per "trovare una soluzione diplomatica"
alla crisi. Ieri, inoltre, il premier ucraino Iatseniuk è volato a Donetsk, nel Sud-Est
del Paese, per rassicurare la maggioranza russofona. La visita ha di fatto congelato
il ricorso alla forza dopo la scadenza dell'ultimatum di 48 ore intimato ai filorussi
armati che hanno occupato alcuni palazzi del potere.
Sugli ultimi sviluppi
della crisi ucraina, Veronica Giacometti ha intervistato Aldo Ferrari,
docente di Letteratura Armena alla Ca’ Foscari di Venezia e dirigente dell’Istituto
per gli studi di politica internazionale a Milano:
R. – La Casa
Bianca nei confronti di questa problematica russo-ucraina sta assumendo un atteggiamento
più fermo di quanto abbiamo visto in passato, quando è stata molto spesso criticata
per la sua inattività in politica estera, soprattutto in questa zona. Adesso sta in
parte recuperando, però bisogna tener presente che per l’America è più facile parlare
di sanzioni perché il peso principale che i problemi provocherebbero ricadrebbe sull’Europa,
che è strettamente collegata economicamente alla Russia, con la quale ha un forte
partenariato. In questa questione dovrebbe essere soprattutto l’Europa a prendersi
una responsabilità chiara e precisa.
D. – Si ridisegna la carta geografica,
la Crimea è territorio russo. Che efficacia hanno queste sanzioni?
R. – Nulla
da fare sulla irreversibilità sul passaggio della Crimea alla Russia. E’ un territorio
storicamente a livello culturale russo e, nonostante l’evidente violazione del diritto
internazionale, quanto è avvenuto deve essere acquisito, a mio giudizio, come un dato
di fatto. Le sanzioni, riguardo a questo dato di fatto, praticamente non possono far
nulla ma è importante mostrare alla Russia che deve fermarsi, perché non può andare
oltre perché ogni ulteriore aggravamento della situazione complicherebbe le relazioni
internazionali. Da questo punto, di vista la minaccia delle sanzioni va fatta, però
bisogna tener presente che non si può prescindere dalla forza dei legami economici
che l’Europa ha con la Russia. La questione va ripensata soprattutto per quel che
riguarda la dipendenza energetica: ci vorrà molto tempo prima che si possano prendere
soluzioni efficaci. Da questo punto di vista le sanzioni sono essenzialmente una minaccia
politica forte ma non risolutiva.
D. – Di fronte alle sanzioni la Russia sta
scatenando una guerra del gas contro Kiev e l’Ucraina ormai è un Paese impoverito…
R.
– L’Ucraina è un paese che economicamente non sta in piedi. La crisi ucraina è una
crisi economica. Il Paese non ha le risorse per essere indipendente e autonomo economicamente.
Questa nuova guerra economica che è stata scatenata contro l’Ucraina poteva anche
essere prevedibile da parte di Mosca, ma ricade inevitabilmente anche sull’Europa
verso la quale transita un’energia che proviene dalla Russia e attraversa l’Ucraina.
Quindi, non è soltanto una guerra contro l’Ucraina ma ha una chiara ricaduta in senso
europeo. Tutto questo deve assolutamente portare le parti al tavolo delle trattative
perché la questione deve essere risolta. Intendo tutta la questioni che riguarda l’Ucraina
e non solo la Crimea, perché altrimenti i rapporti politici ed economici tra la Russia
e l’Occidente rischiano di degenerare con conseguenze non del tutto prevedibili ancora.
D.
– Com’è coinvolta l’Europa di fronte a queste nuove sanzioni?
R. – L’Europa
si trova veramente in una situazione molto difficile, perché il desiderio di avvicinare
l’Ucraina che ha fatto una scelta così chiara in senso filoeuropeo è forte e, al tempo
stesso, i costi di questa operazione, i costi economici, i costi politici, sono altissimi
e io ho seri dubbi che l’Europa sia davvero in grado di assumerli. Da questo punto
di vista, c’è la speranza che le sanzioni funzionino nel senso di frenare la politica
russa. Ma ho dubbi a riguardo.