Mons. Oder: col pellegrinaggio delle reliquie, Giovanni Paolo II torna a evangelizzare
il mondo
La Canonizzazione di Giovanni Paolo II il prossimo 27 aprile arriva al termine di
una Causa durata nove anni. Un tempo apparentemente lungo per i fedeli che lo proclamarono
“Santo” il giorno stesso dei suoi funerali l’8 aprile del 2005, ma brevissimo per
la storia contemporanea della Chiesa. Impegnato in prima persona in questo processo
è stato il postulatore della Causa, mons. Slawomir Oder, che sulla Canonizzazione
di Karol Wojtyla ha concesso una lunga intervista alla Radio Vaticana, al microfono
di Alessandro Gisotti. In questa prima parte dell’intervista, mons. Oder si
sofferma sui preparativi all’evento del 27 aprile, sul pellegrinaggio delle reliquie
di Papa Wojtyla e sul miracolo approvato per la Canonizzazione:
R. – Siamo ancora
nella piena fase di preparativi: quanto più si avvicina il giorno, tante più cose
ci sono ancora da sistemare, perché senz’altro sarà un evento di notevoli dimensioni
per la presenza di pellegrini che verranno qui a Roma. Ma questo è un aspetto che
sicuramente ha carattere contingente, ma in qualche modo secondario, perché nel profondo
del cuore c’è una grande gratitudine nei confronti di Dio, soprattutto per il dono
di santità di Giovanni Paolo II, con l’esempio della sua vita, che è emerso nel corso
del processo.
D. – Una delle grazie più belle del cammino verso la canonizzazione
è il pellegrinaggio nel mondo delle reliquie di Karol Wojtyla: ce ne può parlare?
R.
– E’ stata un’iniziativa nata in maniera spontanea. La prima uscita delle reliquie
è stata "provocata" dalla Giornata mondiale della gioventù a Madrid: sono stati proprio
i giovani che volevano avere un segno tangibile di questo uomo che per molti è rimasto
il Padre, e senz’altro padre delle Giornate mondiali della gioventù e ora patrono
e protettore, per volontà del Santo Padre. Questa peregrinatio ha dato l’inizio
a un fenomeno che poi ha avuto un suo straordinario seguito, soprattutto in Messico,
che è stata la prima tappa – lontana – e giustamente doveva essere così, perché in
qualche modo la reliquia ripercorre le orme di Giovanni Paolo II: ricordiamo che è
stato il Messico la prima meta del suo pellegrinaggio apostolico. E dal Messico poi
attraverso vari Paesi dell’America Latina e del Nord, e l’Europa, e l’Africa… Ecco,
questo pellegrinaggio continua costantemente. Le testimonianze concordi di tutti coloro
che hanno vissuto questo momento particolare, parlano di due fenomeni particolari:
la presenza della gente e la presenza che non significa curiosità, significa soprattutto
raccoglimento nella preghiera, la preghiera che poi si traduce nelle confessioni e
nell’adorazione del Santissimo Sacramento. E queste sono forse due cose che effettivamente
sono legate alla presenza di un Santo: la preghiera e la conversione. Questo è il
frutto spirituale che riscontriamo ovunque passi il reliquiario contenente il sangue
di Karol Wojtyla. Nella simbologia cristiana, il sangue significa soprattutto la vita
e la vitalità: è un invito davvero straordinario a vivere la pienezza della vita.
Infatti, Giovanni Paolo II è un Santo che ha vissuto la pienezza della vita, è un
Santo che ha saputo assaporare il dono che il Signore gli ha dato e quel dono che
gli ha dato l’ha saputo assaporare con lo spirito di libertà del figlio di Dio. Ed
è proprio la libertà, penso, la caratteristica che emerge in maniera particolare dalla
lettura della vita di Giovanni Paolo II. Una libertà che nasce alla presenza di Dio.
Lui stesso diceva: l’uomo alla presenza di Dio è un uomo libero, non ha da temere
nulla.
D. – Come per la Beatificazione, anche per la Canonizzazione è stato
scelto un miracolo – tra i tanti segnalati – riguardante una donna malata: perché?
R.
– Durante il processo, ho ricevute decine di migliaia di segnalazioni di grazie attribuire
all’intercessione di Giovanni Paolo II. Ognuna di queste segnalazioni è sicuramente
importante, perché parla della storia di vita di qualcuno che si è rivolto nei momenti
di particolare necessità all’intercessione di Giovanni Paolo II e ne ha sperimentato
la potenza e la presenza. Però, non tutte corrispondono esattamente ai criteri che
sono posti dalla serietà del procedimento canonico. Il miracolo dev’essere quello
nel quale possiamo constatare una guarigione totale, istantanea, duratura e senza
dubbio attribuibile all’intercessione del Santo. E nel caso della signora Floribeth,
del Costa Rica, ho riscontrato tutti questi elementi e la verifica successiva della
documentazione previa e poi confermata nel corso del processo canonico, ha dato ragione
a questa scelta.