2014-04-12 09:16:37

Mons. Oder: col pellegrinaggio delle reliquie, Giovanni Paolo II torna a evangelizzare il mondo


La Canonizzazione di Giovanni Paolo II il prossimo 27 aprile arriva al termine di una Causa durata nove anni. Un tempo apparentemente lungo per i fedeli che lo proclamarono “Santo” il giorno stesso dei suoi funerali l’8 aprile del 2005, ma brevissimo per la storia contemporanea della Chiesa. Impegnato in prima persona in questo processo è stato il postulatore della Causa, mons. Slawomir Oder, che sulla Canonizzazione di Karol Wojtyla ha concesso una lunga intervista alla Radio Vaticana, al microfono di Alessandro Gisotti. In questa prima parte dell’intervista, mons. Oder si sofferma sui preparativi all’evento del 27 aprile, sul pellegrinaggio delle reliquie di Papa Wojtyla e sul miracolo approvato per la Canonizzazione:RealAudioMP3

R. – Siamo ancora nella piena fase di preparativi: quanto più si avvicina il giorno, tante più cose ci sono ancora da sistemare, perché senz’altro sarà un evento di notevoli dimensioni per la presenza di pellegrini che verranno qui a Roma. Ma questo è un aspetto che sicuramente ha carattere contingente, ma in qualche modo secondario, perché nel profondo del cuore c’è una grande gratitudine nei confronti di Dio, soprattutto per il dono di santità di Giovanni Paolo II, con l’esempio della sua vita, che è emerso nel corso del processo.

D. – Una delle grazie più belle del cammino verso la canonizzazione è il pellegrinaggio nel mondo delle reliquie di Karol Wojtyla: ce ne può parlare?

R. – E’ stata un’iniziativa nata in maniera spontanea. La prima uscita delle reliquie è stata "provocata" dalla Giornata mondiale della gioventù a Madrid: sono stati proprio i giovani che volevano avere un segno tangibile di questo uomo che per molti è rimasto il Padre, e senz’altro padre delle Giornate mondiali della gioventù e ora patrono e protettore, per volontà del Santo Padre. Questa peregrinatio ha dato l’inizio a un fenomeno che poi ha avuto un suo straordinario seguito, soprattutto in Messico, che è stata la prima tappa – lontana – e giustamente doveva essere così, perché in qualche modo la reliquia ripercorre le orme di Giovanni Paolo II: ricordiamo che è stato il Messico la prima meta del suo pellegrinaggio apostolico. E dal Messico poi attraverso vari Paesi dell’America Latina e del Nord, e l’Europa, e l’Africa… Ecco, questo pellegrinaggio continua costantemente. Le testimonianze concordi di tutti coloro che hanno vissuto questo momento particolare, parlano di due fenomeni particolari: la presenza della gente e la presenza che non significa curiosità, significa soprattutto raccoglimento nella preghiera, la preghiera che poi si traduce nelle confessioni e nell’adorazione del Santissimo Sacramento. E queste sono forse due cose che effettivamente sono legate alla presenza di un Santo: la preghiera e la conversione. Questo è il frutto spirituale che riscontriamo ovunque passi il reliquiario contenente il sangue di Karol Wojtyla. Nella simbologia cristiana, il sangue significa soprattutto la vita e la vitalità: è un invito davvero straordinario a vivere la pienezza della vita. Infatti, Giovanni Paolo II è un Santo che ha vissuto la pienezza della vita, è un Santo che ha saputo assaporare il dono che il Signore gli ha dato e quel dono che gli ha dato l’ha saputo assaporare con lo spirito di libertà del figlio di Dio. Ed è proprio la libertà, penso, la caratteristica che emerge in maniera particolare dalla lettura della vita di Giovanni Paolo II. Una libertà che nasce alla presenza di Dio. Lui stesso diceva: l’uomo alla presenza di Dio è un uomo libero, non ha da temere nulla.

D. – Come per la Beatificazione, anche per la Canonizzazione è stato scelto un miracolo – tra i tanti segnalati – riguardante una donna malata: perché?

R. – Durante il processo, ho ricevute decine di migliaia di segnalazioni di grazie attribuire all’intercessione di Giovanni Paolo II. Ognuna di queste segnalazioni è sicuramente importante, perché parla della storia di vita di qualcuno che si è rivolto nei momenti di particolare necessità all’intercessione di Giovanni Paolo II e ne ha sperimentato la potenza e la presenza. Però, non tutte corrispondono esattamente ai criteri che sono posti dalla serietà del procedimento canonico. Il miracolo dev’essere quello nel quale possiamo constatare una guarigione totale, istantanea, duratura e senza dubbio attribuibile all’intercessione del Santo. E nel caso della signora Floribeth, del Costa Rica, ho riscontrato tutti questi elementi e la verifica successiva della documentazione previa e poi confermata nel corso del processo canonico, ha dato ragione a questa scelta.







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