Ex-Jugoslavia: i vescovi chiedono di essere divisi in Conferenze episcopali
Si è conclusa a Zrenjanin, nella regione di Vojvodina in Serbia, l’Assemblea plenaria
della Conferenza internazionale episcopale “Ss. Cirillo e Metodio” che comprende la
Serbia, il Montenegro, la Macedonia e il Kosovo. Alla riunione hanno partecipato il
nunzio apostolico a Belgrado mons. Orlando Antonini, il presidente della Conferenza,
mons. Zef Gashi, vescovo di Antivari (Montenegro), mons. Stanislav Hocevar, arcivescovo
di Belgrado, l’esarca per i cattolici di rito orientale per la Serbia e Montenegro,
mons. Djura Dzudzar, e gli altri sei membri della Conferenza.
I presuli hanno
deciso di proporre alla Santa Sede di dividere la Conferenza internazionale in quattro
Conferenze nazionali corrispondenti ai rispettivi quattro Paesi. "Siamo nazioni con
realtà e problemi diversi - spiega all'agenzia Sir il segretario generale della Conferenza
mons. Ladislav Nemet, vescovo di Zrenjanin (Serbia) - e l'internazionalità della Conferenza
la rende poco flessibile, anche le autorità non la riconoscono come un partner valido
nel contesto del loro Paese". E aggiunge: "Poi ciascuno dei nostri Paesi ha un nunzio
diverso e questo rende più complicata la comunicazione con la Santa Sede".
Nel
caso di approvazione della proposta da parte della Congregazione deí vescovi, la Macedonia
e il Kosovo rimarranno con un solo vescovo e il Montenegro con due mentre la Serbia
avrà sei presuli. Secondo mons. Nemet, "questo non rappresenterebbe un problema. La
tradizione della Chiesa conosce simili casi, anche in Moldavia la Conferenza è composta
da un vescovo". Nel frattempo sarà spostata anche la sede della Conferenza episcopale
internazionale: da Belgrado alla vicina città di Pancevo, nella regione Vojvodina,
dove vive la maggior parte dei cattolici in Serbia.
I presuli della Conferenza
"Ss. Cirillo e Metodio" hanno anche approvato il documento con le Linee guida per
i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici. "Su questo
punto siamo un po' in ritardo rispetto agli altri Paesi - chiarisce mons. Nemet -
perché dovevamo concordare le diverse legislazioni nei quattro Paesi".
Nel
documento vengono sottolineati l'impegno e la serietà con cui la Chiesa cattolica
intende trattare questi crimini tutelando i minori e intraprendendo delle azioni legali
contro i colpevoli. Mons. Nemet precisa che si tratta di "processi ecclesiali e che
le legislazioni nazionali non prevedono l'obbligo di denuncia". Nella diocesi di Zrenjamín
ci sono stati tre processi di presunti casi di abusi su minori. "Purtroppo si è dimostrato
che si trattava di casi falsi", confessa il presule rammaricato dal fatto "che questo..
ha influito in modo molto negativo sui sacerdoti accusati, diventati oggetto di cattiva
fama". (R.P.)