Mons. Miglio: famiglia al "massacro", difenderla non è questione "cattolica"
La Chiesa vuole essere vicina alla famiglia, oggi disprezzata culturalmente e maltrattata
politicamente, e vuole offrire argomentazioni che permettano di sdoganare la questione
familiare dall’ambito religioso e collocarla a livello di tutela del bene comune.
Queste le direttive del Documento conclusivo della 47ª Settimana Sociale dei cattolici
italiani, dello scorso settembre, presentato oggi nella sede della nostra emittente.
Nel testo si parte dagli effetti della crisi economica, si valorizza la speranza che
nasce dalla fede e si propone un’agenda alla politica perché la famiglia, come nel
titolo delle Settimane. "Faccia la differenza per il futuro”. Sentiamo a questo proposito,
al microfono di Gabriella Ceraso, mons Arrigo Miglio, presidente del
Comitato scientifico delle Settimane sociali:
R. – La Chiesa
è invitata a farsi carico delle sofferenze delle famiglie e quindi anzitutto ad essere
vicina e incontrare, ascoltare … una misericordia che offra a tutti una possibilità
di ripartire, di ricostruire. Il documento parte proprio dal sottolineare che a Torino
la crisi è stata vissuta, e quindi questo è anche un modo per essere accanto alle
famiglie che soffrono. E se possiamo aggiungere una parola, essere vicini soprattutto
ai figli, che sembrano quasi le componenti della famiglia di cui meno ci si preoccupa…
D.
– Quindi, crisi che mina la dignità e la forza della famiglia…
R. - … ma c’è
soprattutto questo massacro culturale, il non veder riconosciuto il ruolo unico della
famiglia, che non significa assolutamente negare diritti e dovere di qualsiasi altro
tipo di relazione umana, ma il ruolo della famiglia è un’altra cosa!
D. – L’agenda
per la famiglia da suggerire alla politica?
R. – In questo momento, dovrebbe
smascherare l’ipocrisia di chi continua a dire che la famiglia è il più forte ammortizzatore
sociale di una società in crisi, e poi non le viene riconosciuto nessun tipo di beneficio
o di sgravio fiscale; un sistema di welfare che non sia assistenzialista ma che riconosca
il ruolo della famiglia e dia la possibilità di fare delle scelte. E poi, la dimensione
della libertà educativa.
D. – Quindi, se lei dopo questa lunga riflessione,
dovesse dire perché la famiglia fa la differenza come recita il titolo del Documento?
R.
– Perché solo la famiglia è in grado di far crescere un certo tipo di rapporti, di
cooperazione, di maturità affettiva, di solidarietà – ad esempio. Cioè, il tipo di
scuola costituito dalla famiglia – papà, mamma, figli – questo tipo di scuola lo troviamo
soltanto nella famiglia, perché il ruolo dei genitori è unico e non può essere sostituito
da altri rapporti, pure importanti, pur utili; ma la famiglia fa la differenza perché,
ad esempio, ai fini di una vera democraticità della società la famiglia è una garanzia
fondamentale. Controprova: in tutti i regimi dittatoriali, la famiglia è mal sopportata
e si cerca di togliere i figli, alla famiglia.
D. – Lei ritiene che – dalle
questioni del gender alle questioni, appunto, dei matrimoni omosessuali, alla
questione delle fecondazioni – siamo ad una svolta, bisogna cambiare le regole?
R.
– Questo è un momento che ha queste difficoltà, ma può diventare anche un’opportunità
e uno stimolo per far enucleare meglio le ragioni che portano a dire: la famiglia
fa la differenza. E quindi ci costringe, questo momento, a portare delle ragioni di
bene comune che ci aiutino a togliere l’idea che difendere la famiglia è una questione
dei cattolici. La nostra tesi è che è un problema di bene comune per la società, però
– appunto – dobbiamo portare le motivazioni e quindi dobbiamo, ad esempio, vedere
le conseguenze di una politica pro-famiglia e di una politica anti-famiglia. E la
questione demografica, non ha importanza? Con ricadute economiche ma antropologiche…
E anche su questo punto, la famiglia fa la differenza.