Il figlio non è una pretesa resa possibile dalla tecnica: lo afferma la CEI a proposito
dell'eterologa
La Conferenza episcopale italiana interviene con una nota in merito alla sentenza
della Corte costituzionale che ieri ha dichiarato illegittimo il divieto alla fecondazione
eterologa, per segnalarne alcuni nodi problematici. “In primo luogo, scrivono i vescovi,
viene affermato un non meglio precisato “diritto al figlio”, col rischio di confondere
o, peggio, identificare il piano dei desideri con il piano dei diritti, sottacendo
che il figlio è una persona da accogliere e non l’oggetto di una pretesa resa possibile
dal progresso scientifico”.
“In secondo luogo si assume come parametro di
valore un preteso diritto individuale, sganciato da qualsiasi visione relazionale”
trascurando, tra l'altro, “il diritto del figlio a conoscere la propria origine biologica”.
La conseguenza è che "si cambia e si snatura il concetto e l’esperienza di paternità
e di maternità, che sono elementi preziosi per l’unità profonda ed inviolabile della
coppia". Ancora, “si determina un pericoloso vuoto normativo nel quale rischia di
essere legittimata ogni tecnica di riproduzione umana”. Ma, conclude la nota, “come
la storia ha dimostrato, non tutto ciò che è fattibile giova al genere umano”.