Centrafrica: 12 mila caschi blu per ristabilire ordine e sicurezza nel Paese
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato all' unanimità l'invio
di 12mila caschi blu nella Repubblica Centrafricana per ristabilire l’ordine e la
sicurezza nel Paese dove è in corso una sorta di "pulizia etnico-religiosa”. La missione
Onu sostituirà a partire dal 15 settembre prossimo i 6mila peace keeper dell'Unione
africana già presenti. Veronica Giacometti ha intervistato Luigi Serra,
docente di Lingua e Letteratura Berbera all’Università degli Studi di Napoli, l’“Orientale”:
R. – Una decisione
che diverrebbe operativa a settembre prossimo. Uno si chiede se a fronte della presa
d’atto di una situazione a dir poco drammatica per la continuità e l’incidenza in
profondità dei danni sulla popolazione locale in Centrafrica – in un luogo che non
a caso tradisce l’importanza del luogo con l’aggettivo “centro”, ma del Centro-Africa,
terra di disagi, di cruenti scontri interetnici e internazionali tra Paesi e Paesi
limitrofi – uno si chiede: da qui a settembre, la previsione di stanziamento di 12
mila caschi blu in Centrafrica quale certezza di successo può avere? Quindi, sarebbe
beneaugurante immaginare che l’Onu decida per questo intervento, ma che non decida
soltanto per un’operazione di facciata.
D. – Quale sarebbe, dunque, il beneficio
per la Repubblica Centrafricana, della presenza dei Caschi blu?
R. – Frena
soltanto l’uso delle armi, ne limita gli esiti cruenti, ma non risolve i problemi
a sostrato politico o politico-culturale. Gli interventi dell’Onu, con i caschi blu,
più che "celestiali" sono terrestri, pragmatici, con intervento - al seguito dei caschi
blu - di natura prettamente economica ed umanitaria, retta naturalmente dagli Stati
interessati a riappacificare la situazione in Centrafrica, e dalle grandi holding
internazionali, un po’ meno sensibili a sfruttare le risorse del luogo ma a pensare
alla popolazione.
D. – Qual è la situazione generale della popolazione civile?
Come vive tutto ciò?
R. – Innanzitutto, in uno stato mortificante di assuefazione
ai disordini, alle drammatiche situazioni anche di natura cruenta che la popolazione,
giorno dopo giorno, vive o si aspetta; ma probabilmente auspicando nell’intimo un
rasserenamento della gestione politica dell’area del Paese. Quindi, vive con disillusione,
con tensione, con paura e senza fiducia nel presente e nel futuro, alla luce del passato.