La Consulta: illegittimo il divieto di fecondazione eterologa. Giuristi per la Vita:
ultima picconata alla Legge 40
Il divieto di fecondazione eterologa è incostituzionale. Lo ha stabilito la Corte
Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità della norma della legge 40 che vieta
il ricorso a un donatore esterno di gameti nei casi di infertilità assoluta. Sconcerto
e timore per le conseguenze vengono espresse dalla Pontificia Accademia per la vita.
Servizio di Giampiero Guadagni:
Cade il divieto
di fecondazione assistita eterologa. Così si è espressa la Consulta dopo che i tribunali
di Milano, Catania e Firenze avevano sollevato dubbio di costituzionalità. D’ora in
poi sarà dunque possibile ricorrere al materiale genetico di un terzo donatore se
uno dei due partner è sterile. Cauto il commento del ministro della salute Lorenzin,
per la quale “l’introduzione della fecondazione eterologa nel nostro ordinamento è
un evento complesso che difficilmente potrà essere attuato solo mediante decreti,
ma necessita una condivisione parlamentare più ampia”. Il Movimento per la Vita parla
di introduzione di un principio fortemente lesivo del diritto dei figli; l’Associazione
Scienza e Vita paventa il ritorno al far west procreatico che in questi ultimi dieci
anni era stato possibile contenere. E nel suo sito web Famiglia cristiana titola:
"fecondazione selvaggia per tutti", definendo quella della Consulta una sentenza choc
non inaspettata, ma che rappresenta, scrive il settimanale dei Paolini, “l’ultima
follia italiana”.
Paolo Ondarza ha raccolto il commento di Gianfranco
Amato, presidente dei Giuristi per la vita:
R. - E’ una
pronuncia grave! La norma che è stata dichiarata costituzionalmente illegittima, in
realtà - anche se non è una legge cattolica - salvaguardava i nascituri e il loro
diritto a conoscere le proprie origini, anche al fine di tutelare l’identità personale,
oltre che garantirne la tutela sanitaria e sociale, da una parte; e, dall’altra, evitava
il lucroso commercio di gameti che va sotto il falso nome di donazione e il
conseguente sfruttamento delle donne.
D. - La legge 40 - il cui tema è assolutamente
delicato e complesso - ha visto da sempre attorno a sé un dibattito acceso su questioni
etiche, sociali e anche ideologiche…
R. - Sì! Se noi consideriamo che la Legge
40, nei suoi 10 anni, ha subito 31 interventi della Corte Costituzionale che hanno
completamente stravolto la prospettiva antropologica che stava alla base della ratio,
noi ci dobbiamo chiedere chi legifera in questo Paese: il Parlamento democraticamente
eletto o la Corte Costituzionale?
D. - Presidente Amato, la pronuncia - secondo
chi l’ha sostenuta e l’ha votata - fa riferimento a una disparità che si sarebbe venuta
a creare tra le coppie che accedono all’omologa, consentita dalla Legge 40, e quelle
che si vedono negate il ricorso all’eterologa…
R. - Non è un approccio corretto,
perché la fecondazione assistita, medicalmente assistita secondo la prospettiva Legge
40, aveva dei criteri e dei paletti molto precisi, che ponevano un freno alla moltiplicazione
delle figure genitoriali, con tutte le conseguenti ripercussioni negative, anche sulla
stessa identificazione biospichica del nascituro. Era tutta improntata ad una responsabilità
procreativa di una coppia uomo-donna, che è la condizione minima per la stabilità
del nascituro! Per cui c’erano una serie di paletti: persone di sesso diverso, conviventi,
non fertili... Purtroppo sono saltati!
D. - Neanche il tema della fuga - chiamiamola
così - all’estero di tante coppie, in quei Paesi in cui l’eterologa è legale, può
essere in qualche modo una spiegazione o una motivazione a suffragio di questa pronuncia?
R.
- Assolutamente no! Che cosa significa la fuga all’estero? Una cosa che oggettivamente
è ingiusta e vietata, il fatto che in altri Paesi sia consentita… No, questo non è
un ragionamento che tiene! Se una norma è ingiusta, lo è e a prescindere dal fatto
che in altri Paesi sia consentita.
D. - A questo punto la Legge 40 che validità
ha?
R. - Ce lo chiediamo! Questa è l’ultima picconata, probabilmente la più
grave, ad una legge che non è più quella che è stata approvata dal Parlamento.