Nigeria: prima economia d'Africa e terra di violenze
Con un Prodotto interno lordo che nel 2013 ha raggiunto i 510 miliardi di dollari,
la Nigeria è diventata la prima economia d’Africa, superando il Sudafrica. Rimangono
tuttavia ancora gravi e stridenti le contraddizioni sociali nel Paese più popoloso
e primo produttore di petrolio del Continente, dove giornalmente i contrasti etnici
e le scorribande delle milizie islamiche di Boko Haram continuano a provocare decine
di vittime. Giancarlo La Vella ne ha parlato con l’economista Riccardo Moro,
docente di Politiche dello Sviluppo:
R. – In realtà,
si tratta di un’operazione di maquillage, cioè di ricalcolo dei valori del
Pil, inserendo nei dati della contabilità nazionale, in modo più credibile, in modo
più fedele, soprattutto i proventi che vengono dal petrolio. Questa operazione – che
viene fatta periodicamente da molti Stati – porta, anche in ragione dei cambiamenti
degli ultimi dieci anni, a un dato apparentemente molto diverso. In realtà, non siamo
di fronte a un cambio così repentino. Detto questo, sì, la Nigeria è uno dei Paesi
più ricchi del mondo per risorse naturali, ma purtroppo questa ricchezza origina le
guerre per la conquista del Delta dove si trova il petrolio e con sé le degenerazioni
legate all’accaparramento delle risorse relativamente scarse, cioè quelle non monopolizzate
da chi sfrutta le ricchezze minerarie, che portano poi anche a guerre civili fratricide.
D.
– C’è comunque un problema di redistribuzione delle ricchezza?
R. – Non c’è
dubbio. Anche con questo nuovo dato che praticamente quasi raddoppia il valore nominale
del Pil, noi abbiamo un reddito pro-capite che rimane inferiore ai tremila dollari
l’anno, quando invece i dati dei Paesi del Nord del mondo si attestano tra i 26 mila
e i 40 mila dollari l’anno.
D. – L’altissimo livello di violenza che c’è nel
Paese è causato da questa situazione?
R. – Non credo che la povertà provochi
necessariamente violenze e guerre. Credo che non si possano fare mai automatismi di
questo tipo, però è chiaro che una condizione di profonda povertà, soprattutto in
un contesto in cui sono visibili delle disuguaglianze, diventi una condizione in cui
le voci che inneggiano a utilizzare la violenza per accaparrare quei privilegi, che
invece ad altri sono riservati, diventano più ascoltabili.