2014-04-05 08:02:10

Urne aperte in Afghanistan per le presidenziali: uccisa fotografa tedesca


L’Afghanistan ha iniziato a votare per le elezioni presidenziali che indicheranno il successore di Karzai, al potere da 12 anni. Al momento le operazioni di voto procedono regolari e nella calma anche se si temono attentati da parte dei talebani. Otto i candidati ma sono tre i favoriti. Intanto si indaga sulla morte della fotografa tedesca Anja Niedringhaus, ferita la giornalista canadese Kathy Gannon. Il servizio di Barbara Schiavulli:

Seimila seggi, 12 milioni di persone al voto e otto candidati, tra i quali due favoriti, Ashraf Gani, serafico ex ministro dell’economia, pashtun, con un retaggio occidentale, e Abdullah Abdullah, fumino ex ministro degli Esteri, Tajico e combattente. Gli afghani oggi scelgono il loro nuovo presidente, ma se nessuno raggiungerà il 50 per cento dei voti, si andrà al ballottaggio tra i primi due. Non sono elezioni facili, tra il consueto pericolo di brogli, le minacce talebane di fare il possibile per boicottare le elezioni, ieri sono stati arrestati due kamikaze prima che si facessero esplodere, una giornalista tedesca è stata uccisa e una canadese ferita gravemente, colpite dagli spari di un poliziotto, probabile militante dormiente. Ma soprattutto saranno elezioni difficili per la consapevolezza che questo sia un anno cruciale per l’Afghanistan con il ritiro delle truppe straniere, l’uscita di scena dell’attuale presidente Karzai, e la ricerca di un coinvolgimento politico dei talebani, soluzione che spaventa soprattutto le donne che voteranno oggi per impedire che questo accada.

Per saperne di più della situazione della popolazione, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Kabul Luca Lo Presti, presidente di Fondazione Pangea, che da anni porta avanti progetti di microcredito femminile:00:03:32:16

R. – È una vigilia elettorale abbastanza tesa, specie all’interno della città: le vie sono deserte, non ci sono macchine parcheggiate, ci sono posti di blocco circa ogni cento metri. In ogni caso qui lavoriamo ormai da 12 anni. La gente non si sta facendo spaventare da quest’atmosfera; noi di Fondazione Pangea vediamo che nei quartieri e nelle case in cui lavoriamo la vita prosegue: i bambini giocano - il pallone è sempre presente – e le nostre beneficiare del microcredito sorridono. Questa è la situazione in Afghanistan: la vita è complicata. Ad esempio, per entrare in un supermercato bisogna superare tre porte blindate e le guardie armate. Nello stesso tempo, le persone vogliono la normalità e pensano che questo voto sia molto importante. Per cui, al di là delle minacce dei talebani, degli integralisti, dei jihadisti, comunque c’è la speranza per un nuovo futuro.

D. - La Fondazione Pangea è presente da 12 anni in Afghanistan. Com’è cambiata in questi anni la gente che va a votare?

R. - La gente va a votare con una fiducia superiore rispetto al passato. Ricordo che alle elezioni presidenziali precedenti non c’era molta aspettativa; adesso c’è. La voce delle donne che Pangea raccoglie nei progetti, qualsiasi sia il candidato, dice che c’è bisogno di più istruzione, più pace e più sicurezza. Queste sono le raccomandazioni che fanno tutti. Certo, i candidati sono appoggiati da signori che hanno le ‘mani insanguinate’, per cui c’è da riflettere. In ogni caso, la speranza c’è.

D. - Cosa avete sentito? Chi sembra il favorito?

R. - Le voci sono le più disparate. A Kabul, il delfino di Karzai comunque sembra essere la persona più gettonata. Ho l’impressione che non ci sia un candidato che rappresenti tutto l’Afghanistan. Ognuno rappresenta la sua etnia, per cui c’è il candidato tagiko, quello pashtun...

D. - Il 2014 è l’anno dei ritiro delle truppe internazionali. Che aspettative ci sono sul terreno?

R. - Ci sono degli afghani progressisti che non vedono l’ora che le truppe se ne vadano. Ci sono donne e uomini che invece hanno paura. Per cui è veramente difficile predire il futuro. Certo è che, se dovessimo andarcene tutti, abbandonando completamente questo Paese, probabilmente il terrorismo, la lotta tribale tra le varie fazioni, come accadde tra il ’92 e il ’96, potrebbero riprendere piede.

D. - In 12 anni di progetti, ce n’è uno che è rimasto impresso particolarmente a voi di Pangea?

R. – La cosa più curiosa è che le donne ci hanno chiesto di poter imparare a fare le estetiste, le parrucchiere, le gioielliere… Quei mestieri che in Afghanistan sembrerebbero di un altro mondo. In realtà è bello poterle accontentare sotto questo profilo, per far vedere che ogni storia che sembrava impossibile invece si realizza con un’esperienza di vita ed di un futuro vero. Loro ci stanno chiedendo di rimanere, qualsiasi cosa accada. Il mio auspicio è quello di trovare sempre la forza, le energie, le risorse per poter restare a fianco di queste persone che, comunque vada, vogliono vivere.







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