Urne aperte in Afghanistan per le presidenziali: uccisa fotografa tedesca
L’Afghanistan ha iniziato a votare per le elezioni presidenziali che indicheranno
il successore di Karzai, al potere da 12 anni. Al momento le operazioni di voto procedono
regolari e nella calma anche se si temono attentati da parte dei talebani. Otto i
candidati ma sono tre i favoriti. Intanto si indaga sulla morte della fotografa tedesca
Anja Niedringhaus, ferita la giornalista canadese Kathy Gannon. Il servizio di Barbara
Schiavulli:
Seimila seggi, 12 milioni di persone al voto e otto candidati,
tra i quali due favoriti, Ashraf Gani, serafico ex ministro dell’economia, pashtun,
con un retaggio occidentale, e Abdullah Abdullah, fumino ex ministro degli Esteri,
Tajico e combattente. Gli afghani oggi scelgono il loro nuovo presidente, ma se nessuno
raggiungerà il 50 per cento dei voti, si andrà al ballottaggio tra i primi due. Non
sono elezioni facili, tra il consueto pericolo di brogli, le minacce talebane di fare
il possibile per boicottare le elezioni, ieri sono stati arrestati due kamikaze prima
che si facessero esplodere, una giornalista tedesca è stata uccisa e una canadese
ferita gravemente, colpite dagli spari di un poliziotto, probabile militante dormiente.
Ma soprattutto saranno elezioni difficili per la consapevolezza che questo sia un
anno cruciale per l’Afghanistan con il ritiro delle truppe straniere, l’uscita di
scena dell’attuale presidente Karzai, e la ricerca di un coinvolgimento politico dei
talebani, soluzione che spaventa soprattutto le donne che voteranno oggi per impedire
che questo accada.
Per saperne di più della situazione della popolazione, Giada
Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Kabul Luca Lo Presti, presidente
di Fondazione Pangea, che da anni porta avanti progetti di microcredito femminile:00:03:32:16
R.
– È una vigilia elettorale abbastanza tesa, specie all’interno della città: le vie
sono deserte, non ci sono macchine parcheggiate, ci sono posti di blocco circa ogni
cento metri. In ogni caso qui lavoriamo ormai da 12 anni. La gente non si sta facendo
spaventare da quest’atmosfera; noi di Fondazione Pangea vediamo che nei quartieri
e nelle case in cui lavoriamo la vita prosegue: i bambini giocano - il pallone è sempre
presente – e le nostre beneficiare del microcredito sorridono. Questa è la situazione
in Afghanistan: la vita è complicata. Ad esempio, per entrare in un supermercato bisogna
superare tre porte blindate e le guardie armate. Nello stesso tempo, le persone vogliono
la normalità e pensano che questo voto sia molto importante. Per cui, al di là delle
minacce dei talebani, degli integralisti, dei jihadisti, comunque c’è la speranza
per un nuovo futuro.
D. - La Fondazione Pangea è presente da 12 anni in Afghanistan.
Com’è cambiata in questi anni la gente che va a votare?
R. - La gente va a
votare con una fiducia superiore rispetto al passato. Ricordo che alle elezioni presidenziali
precedenti non c’era molta aspettativa; adesso c’è. La voce delle donne che Pangea
raccoglie nei progetti, qualsiasi sia il candidato, dice che c’è bisogno di più istruzione,
più pace e più sicurezza. Queste sono le raccomandazioni che fanno tutti. Certo, i
candidati sono appoggiati da signori che hanno le ‘mani insanguinate’, per cui c’è
da riflettere. In ogni caso, la speranza c’è.
D. - Cosa avete sentito? Chi
sembra il favorito?
R. - Le voci sono le più disparate. A Kabul, il delfino
di Karzai comunque sembra essere la persona più gettonata. Ho l’impressione che non
ci sia un candidato che rappresenti tutto l’Afghanistan. Ognuno rappresenta la sua
etnia, per cui c’è il candidato tagiko, quello pashtun...
D. - Il 2014 è l’anno
dei ritiro delle truppe internazionali. Che aspettative ci sono sul terreno?
R.
- Ci sono degli afghani progressisti che non vedono l’ora che le truppe se ne vadano.
Ci sono donne e uomini che invece hanno paura. Per cui è veramente difficile predire
il futuro. Certo è che, se dovessimo andarcene tutti, abbandonando completamente questo
Paese, probabilmente il terrorismo, la lotta tribale tra le varie fazioni, come accadde
tra il ’92 e il ’96, potrebbero riprendere piede.
D. - In 12 anni di progetti,
ce n’è uno che è rimasto impresso particolarmente a voi di Pangea?
R. – La
cosa più curiosa è che le donne ci hanno chiesto di poter imparare a fare le estetiste,
le parrucchiere, le gioielliere… Quei mestieri che in Afghanistan sembrerebbero di
un altro mondo. In realtà è bello poterle accontentare sotto questo profilo, per far
vedere che ogni storia che sembrava impossibile invece si realizza con un’esperienza
di vita ed di un futuro vero. Loro ci stanno chiedendo di rimanere, qualsiasi cosa
accada. Il mio auspicio è quello di trovare sempre la forza, le energie, le risorse
per poter restare a fianco di queste persone che, comunque vada, vogliono vivere.