Siria. Padre Hilal: i cristiani hanno paura ma non lasceranno la propria terra
«I cristiani di Siria hanno perso tutto e vivono tra gli aspri scontri con la costante
paura di morire. Eppure molti di loro hanno deciso rimanere nel loro Paese». Padre
Ziad Hilal, gesuita responsabile dei progetti per i rifugiati ad Homs, racconta così
la scelta coraggiosa di tanti fedeli siriani. In visita alla sede internazionale di
Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) il religioso ha ringraziato la fondazione pontificia
per il grande sostegno alla sua comunità. Dall’inizio del conflitto Acs ha donato
circa 3milioni di euro alla Chiesa siriana, con particolare attenzione ai numerosi
progetti per i rifugiati e gli sfollati interni, ed ha appena stanziato un nuovo contributo
in favore di 2mila famiglie cristiane di Homs e di altre 2mila famiglie che vivono
nella cosiddetta Valle dei cristiani.
Gli ingenti bisogni dei tanti sfollati
interni esigono tuttavia nuovi aiuti. Nella Valle dei cristiani (Wadi al-Nasara),
a circa 45 chilometri da Homs, hanno recentemente trovato rifugio altre 4.500 famiglie.
«Le generose donazioni ricevute purtroppo non sono sufficienti – spiega padre Ziad
– oltre 12mila persone dipendono dal nostro sostegno». Disperata è la situazione anche
nell’area di Homs, dove la Chiesa dona viveri, medicine e assistenza spirituale a
circa 3mila famiglie. Il giovane gesuita, ordinato a Damasco nel luglio 2010, ricorda
con particolare trasporto il coraggio di «21 fedeli che pur nel cuore di una città
distrutta si sono stretti intorno al loro pastore, il religioso olandese Frans Van
der Lugt, per difendere quel che resta della chiesa dei padri gesuiti».
Secondo
quanto riferisce ad Acs l’arcivescovo melchita di Homs, Hama e Yabrud, mons. Jean
Abdo Arbach, nella regione di Homs sono rimasti circa 200mila cristiani di diverse
denominazioni. Il presule racconta le vessazioni subite dai cristiani nella sua città
natale, Yabroud, recentemente riconquistata dall’esercito di Assad. Fino a poche settimane
fa a Yabroud i ribelli hanno imposto la legge islamica, distrutto qualsiasi simbolo
religioso non islamico e obbligato i cristiani a pagare la jizya, la tassa imposta
ai non musulmani durante l’impero ottomano. «In Siria noi cristiani viviamo nel terrore
e non sappiamo quale futuro ci aspetta – afferma mons. Arbach – ma non abbandoneremo
la nostra terra natia». (R.P.)