Giornata contro le mine anti-uomo: dedicata alle donne
L’importanza del ruolo delle donne nel rimuovere le mine, nell’assistere le vittime
e nell’insegnare come sopravvivere in zone contaminate è al centro del messaggio del
segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, per la Giornata internazionale
per la sensibilizzazione sulle mine celebrata questo venerdì. Donne e ragazze sono
state spesso vittime di mine. E quando educano sui rischi o assistono le famiglie
di chi è stato ucciso o mutilato da questo tipo di ordigni hanno un modo peculiare
di sentire e di intervenire. Per questo le Nazioni Unite vogliono ascoltare le opinioni
delle donne, nella convinzione che il loro contributo alla campagna globale contro
le mine sia fondamentale. “Le donne – ha sottolineato Ban Ki-moon – possono aiutarci
a raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati nell’azione contro le mine, nell’aumento
della sicurezza, nella ricostruzione delle comunità, nel recupero dei terreni e nella
lotta alla paura che questi ordigni inesplosi causano in diverse parti del mondo”.
Molti
dei Paesi più colpiti si trovano in Africa e in Asia. Uno di questi è il Laos. Durante
la guerra del Vietnam gli americani cercarono di fermare il flusso di armi dal Laos
e bombardarono per nove anni, sganciando 270 milioni di munizioni di vario tipo di
cui circa ottanta milioni sono rimaste inesplose.“Il problema è molto grande” ha sottolineato
alla vigilia della Giornata Phoukheio, direttore generale della Sezione per la rimozione
degli ordigni inesplosi (Uxo-Nra) in Laos. “Abbiamo bisogno di un sostegno maggiore.
Nessun progetto di sviluppo è possibile se mine e ordigni non esplosi non sono rimossi.
Restano attivi per anni e sono una vera minaccia sia per i bambini che per gli adulti”.
Il
Laos è stato uno dei primi Paesi a firmare la Convenzione sulle bombe a grappolo entrata
in vigore nel 2010 e ha mantenuto un ruolo molto attivo per sostenere la loro messa
al bando. Tutte le 17 provincie del Laos presentano contaminazioni da Uxo. E’ colpito
un villaggio su quattro. Su una popolazione di oltre sei milioni e mezzo, oltre 50.000
persone, dal 1964 ad oggi, sono state vittime di esplosioni. Nel 23% dei casi si è
trattato di bambini. Grazie all’intervento di varie organizzazioni il numero delle
vittime è sceso da una media annua di 300, ai 56 del 2012 e ai 43 del 2013.
Un
quadro globale lo ha dato Ban Ki-moon nel dicembre scorso, durante il tredicesimo
incontro delle parti firmatarie della Convenzione sulla proibizione dell’uso, dell’accumulo,
della produzione e del trasferimento di mine antiuomo. “Questi ordigni – ha sottolineato
Ban Ki-moon – continuano a uccidere e a mutilare. Nel 2013 il loro uso è stato riportato
in Siria, in Myanmar, in Nagorno-Karabakh, un territorio e due Stati che non hanno
firmato la Convenzione per il bando delle mine antiuomo. Unisco la mia voce a quella
degli altri Stati che già ne hanno condannato l’uso. Sono pure preoccupato per l’utilizzo
che ne è stato fatto quest’anno anche in Turchia, in Sudan, in Sud Sudan e in Yemen,
tutti Paesi che hanno firmato la Convenzione. Chiedo a questi Paesi di ricordarsi
dell’impegno che hanno preso”.