2014-04-02 08:16:59

Quando muore un Santo. Il card. Sandri ricorda Karol Wojtyla


Il 2 aprile di 9 anni fa, Giovanni Paolo II tornava alla Casa del Padre, dopo una lunga malattia affrontata con indomito coraggio e generosità. Ad annunciare la morte di Karol Wojtyla in una Piazza San Pietro trasformatasi in un Cenacolo a cielo aperto, fu il sostituto alla Segreteria di Stato, Leonardo Sandri che oggi, cardinale prefetto del dicastero per le Chiese Orientali, ricorda – al microfono di Alessandro Gisotti - l’emozione di quel momento:RealAudioMP3

(Annuncio della morte di Giovanni Paolo II)
“Carissimi fratelli e sorelle, alle 21.37 il nostro amatissimo Santo Padre Giovanni Paolo II è tornato alla casa del Padre. Preghiamo per lui”.

R. – L’emozione è stata grande, e adesso, alla luce di questa prossima Canonizzazione, avere annunciato proprio questo passaggio dalla terra alla Casa del Padre di un Santo, è per me ancora una doppia emozione: mi sento come indegno e lontano dal poter essere stato strumento, in quel momento, di uno che era stato proprio un evangelizzatore, un uomo di pace, un uomo di grande vita interiore come base di tutta la sua attività; di una persona che ha vissuto con grande austerità, con grande povertà tutto il suo ministero.

D. – Lei che ricordi ha dei suoi incontri con Giovanni Paolo II?

R. – Ho tanti, tanti ricordi. Soprattutto vedere Dio come ha dotato Karol Wojtyla di una ricchissima umanità. Tutta questa santità che noi poi abbiamo visto durante la sua vita sacerdotale, episcopale e pontificale era poggiata in una persona umana che aveva avuto tante sofferenze: la persecuzione, la morte della mamma quando era piccolo, l’ostruzionismo da parte del regime, il fatto di dover vivere in un ambiente ostile … tutto questo era vissuto da una persona straordinaria per simpatia, per presenza fisica, culturalmente molto profondo e ricco per gli studi che aveva fatto, anche della filosofia e in particolare della fenomenologia … E poi, per la grande, grande conoscenza che aveva delle persone, la capacità di mettersi in contatto con loro, la conoscenza delle lingue, la conoscenza del mondo che lui aveva vissuto anche quando era stato vescovo in Polonia … E quindi, questa umanità è stata elevata da Dio, attraverso una vita di duri confronti, attraverso una vita di sofferenze, di sacrificio, una vita anche di austerità perché ecco, una cosa che io ho potuto ammirare anche nell’ultimo giorno della sua vita, quando stava lì, nel letto di morte, era lo spoglio totale della persona, anche dal punto di vista materiale: non c’era nessun lusso che lo circondasse. Questa umanità è stata coronata da Dio con i doni dello Spirito Santo e quindi con tutto quello - a partire dalla fede, la speranza e la carità - che fanno di un essere umano comune, come tutti, un Santo.

D. – Tutti ricordiamo che l’8 aprile, al funerale di Giovanni Paolo II, il Popolo di Dio lo chiamò già Santo. Cosa i fedeli hanno in più, adesso che il 27 aprile Karol Wojtyla viene proclamato Santo?

R. – C’è il giudizio autorevole della Chiesa. Noi dobbiamo pensare che nella formula della Canonizzazione c’è come una specie di solennità quasi dogmatica di definizione: lui sta nel Cielo, e quindi noi fedeli che crediamo che lui era Santo fin da quando lo abbiamo conosciuto, oppure quelli che lo hanno proclamato “Santo subito” in Piazza San Pietro, adesso hanno la certezza dell’autorità della Chiesa che è l’autorità del Successore di Pietro che dice effettivamente: “Proclamo, definisco, annuncio che questo uomo è un Santo e sta quindi accanto a Dio” e vive già della visione di quello che noi tante volte vediamo soltanto attraverso un’ombra e non lo vediamo, Dio, faccia a faccia: lui già lo vede e questo ce lo garantisce anche il Supremo Pastore della Chiesa, che è Papa Francesco.







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