2014-04-02 15:12:02

Giornata mondiale dell'autismo: necessario investire di più per diagnosi e cure


Nella giornata di ieri dedicata all’acquisizione di una maggiore consapevolezza dell’autismo, in tutto il mondo si sono tenuti convegni, eventi musicali e culturali, mentre i principali monumenti delle città vengono illuminati di blu. All’ospedale “Bambino Gesù” di Roma un Convegno promosso dalla struttura ospedaliera stessa, dall’associazione Fantasia in collaborazione con associazioni di genitori, rivolge un appello ai Parlamentari italiani per sollecitare interventi normativi specifici su questa patologia. Ma qual è oggi la situazione sul fronte della cura in Italia? Mara Miceli lo ha chiesto al prof. Giovanni Valeri, neuropsichiatra infantile del Bambino Gesù:RealAudioMP3

R. – Nell’autismo vi è un disturbo dell’organizzazione cerebrale e se noi sappiamo, come sappiamo, che la plasticità cerebrale è massima nei primi cinque o sei anni di vita, perdere del tempo in quel periodo è qualcosa che non possiamo proprio permetterci. Considerate che, attualmente, noi sappiamo che si possono fare diagnosi attendibili già tra i due e i tre anni, anzi, è doveroso fare diagnosi attendibili. Se voi pensate che ancora adesso in Italia, ma questo vale anche purtroppo per l’Europa e gli Stati Uniti, la diagnosi media è intorno ai quattro o cinque anni, noi perdiamo tre anni che, come ho detto, sono preziosissimi. Perché? Perché c’è un ritardo nella diagnosi precoce. Ma anche ammettendo che i genitori abbiano trovato un pediatra sensibile, siano stati inviati ad un centro di neuropsichiatria che ha aggiornato la diagnosi, il neuropsichiatra, l’equipe, dà delle indicazioni di trattamento che sono quelle che tutta la comunità scientifica ritiene scientificamente fondate ed efficaci, quelle che sono state riassunte benissimo nella Linea guida che l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato nel 2011. A questo punto cosa succede? Vanno nelle Asl e le Asl gli dicono: “Ma noi non abbiamo le risorse per fare questo”. Io vorrei fare un esempio. E’ come se avessi un figlio cui viene diagnosticato un tumore; sapendo che deve fare la chemioterapia, vado in ospedale o nelle Asl e mi dicono: “Guarda, purtroppo non ho i farmaci chemioterapici, però ho la tachipirina e ho un antibiotico”. Questa è la disperazione dei genitori.

D. – In questa situazione davvero drammatica, cosa fanno i genitori?

R. – Cercano privatamente. Io ho dei genitori che hanno dovuto fare il mutuo. L’altro ieri ho visto un genitore che mi ha detto: “Dottore, io guadagno 1500 euro al mese e ne spendo mille per la terapia privata di mio figlio. Come faccio?”. Questa è la realtà italiana. Abbiamo un’ottima Linea guida e abbiamo i servizi sanitari e anche educativi – la scuola potrebbe giocare pure un ruolo importante – che continuano a sprecare risorse, che potrebbero essere impiegate in modo diverso.

D. – In termini medici, lei crede che a breve sarà possibile sconfiggere l’autismo?

R. – Sicuramente la cura dell’autismo sarà una cura in cui la componente medica e biologica sarà fondamentale. Io non credo però che sarà mai esclusiva. Credo, cioè, che proprio perché l’autismo è un disturbo che coinvolge l’interazione sociale e la comunicazione, la capacità di immaginazione, il ruolo anche degli interventi terapeutici psicosociali insieme ad interventi di tipo medico, farmacologico, giocheranno sempre un ruolo importante. L’autismo è proprio una patologia dell’essere umano, non c’è nessun farmaco che da solo, secondo me, potrà mai curare quello che forse è più profondo nell’essere umano come l’interazione sociale reciproca e la complessità della comunicazione.

Ultimo aggiornamento: 3 aprile







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