Pakistan: ricorso in appello dopo la condanna a morte di Sawan Masih
Viene depositata in questi giorni all’Alta Corte di Lahore la domanda di ricorso in
appello contro il verdetto di condanna per il 26enne cristiano Sawan Masih, condannato
a morte per blasfemia il 27 marzo. Come riferito all'agenzia Fides, il collegio difensivo
ha sette giorni dal verdetto di primo grado per inoltrare l’appello, e lo sta redigendo
per presentarlo. Sawan Masih è stato condannato sulla base della falsa accusa di aver
insultato il profeta Maometto, nel corso della conversazione con un suo amico musulmano
l’8 marzo 2013.
Il caso continua a suscitare reazioni della politica e della
società civile in Pakistan: in una nota inviata a Fides, la “Commissione diritti umani
del Pakistan” (Hrcp), nota Ong diffusa nel Paese a livello capillare, ha espresso
allarme per “la nuova ondata di intolleranza”, citando episodi come l’aggressione
al giornalista Raza Rumi a Lahore, gli attacchi a templi indù in Sindh e la condanna
e morte del cristiano Sawan Masih. L’Ong ricorda che “mentre Sawan è stato condannato
a morte un anno dopo il presunto incidente, gli autori dell’attacco di massa alla
Joseph Colony – il sobborgo cristiano di Lahore colpito dopo l’episodio di presunta
blasfemia – sono tuttora impuniti”. “Per eliminare l'intolleranza, occorre negare
ogni forma di impunità per i responsabili”, afferma la Commissione.
Anche
il Partito Popolare del Pakistan, che è stato al governo nella scorsa legislatura,
ha definito la condanna a morte di Sawan Masih “un aborto della giustizia, che servirà
a emarginare ulteriormente le minoranze”. La coordinatrice centrale del partito, Nafisa
Shah, ha detto: “In questo caso, oltre al danno c’è la beffa: invece di punire chi
sta dietro alla distruzione della Joseph Colony, i giudici hanno punito un uomo accusato
in modo falso e strumentale”. Nella società civile pakistana si afferma che “le istituzioni
dello Stato e il potere giudiziario non devono cedere al fanatismo e al bigottismo”
e che “occorre elaborare una legislazione per fermare l'abuso della legge sulla blasfemia”.
(R.P.)