Istat: disoccupazione record in Italia. Tremilioni e 300 mila senza lavoro
3 milioni e 300mila disoccupati in Italia al febbraio 2014. Lo rileva l’Istat che
descrive un aumento del 9% su base annua. Il tasso di disoccupazione, secondo l’istituto
di statistica, si è attestato al 13%, dato delle serie trimestrali più alto dal 1977.
Il tasso di disoccupazione giovanile è al 42,3%, mentre il numero di disoccupati tra
i 15 e i 24 anni sono 678 mila. Secondo Eurostat l'Italia è il Paese più in difficoltà
dell'Ue dopo la Spagna, dove gli under 25 senza lavoro sono passati dal 54,2 al 53,6%.
FrancescaSabatinelli ha intervistato MarcoCentra, responsabile
ufficio statistico dell’Isfol, Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale
dei Lavoratori:
R. – Lo scenario
che ci offre l’Istat non è allegro: ci conferma una situazione molto, molto, grave
dell’occupazione italiana, considerando che i dati sono riferiti ad un mese, mentre
la media dello scorso anno diceva che un calo dell’occupazione così elevato come quello
registrato nel 2013 non si aveva dal 1994, quindi, sono vent’anni che l’occupazione
in un solo anno non diminuisce più di tanto. L’impressione è che l’economia non riprenda,
che le imprese non abbiano quel livello di fiducia nel futuro, quelle prospettive
in grado di assumere e far ripartire il volano dell’occupazione, che è legato al volano
della produzione, che è legato ai livelli di produttività e competitività del nostro
Paese.
D. – I dati ci dicono che fra i 15 e i 64 anni è occupata una persona
su due. Il dato sui giovani inoccupati è poi gravissimo: 678 mila. Come creare posti
di lavoro per gli under 25 anni?
R. – Il nostro Paese ha un deficit elevato
sull’investimento in ricerca e sviluppo, che è la chiave di volta per creare occupazione
ai giovani, che sono quelli più formati, che portano in seno al produttivo competenze
nuove e fresche, in grado di aumentare la produttività, aumentare la competitività
della nostra produzione, il nostro è un Paese che esporta moltissimo. Se l’investimento
in ricerca e sviluppo, se gli investimenti dovessero ripartire, questo sarebbe il
maggior viatico per creare occupazione giovanile. I giovani soffrono in maniera drammatica
della riduzione occupazionale e hanno barriere all’ingresso al lavoro che diventano
via via più elevate. Sia il tasso di occupazione sia il tasso di disoccupazione, che
vuol dire che giovani che cercano lavoro e non hanno risposta, non trovano lavoro,
è aumentato di oltre 15-20 punti percentuali nel corso di pochi anni.
D. –
E’ sufficiente cambiare le regole del mercato del lavoro?
R. – Certamente cambiare
le regole del mercato del lavoro aiuta, però le esperienze passate ci dicono che alcune
modifiche possono magari creare occupazione in tempi brevi, il che è positivo perché
occorre agire in maniera congiunturale, ma occorre anche fare qualcosa di strutturale,
quindi agire sulle imprese, quello che dicevo prima sui giovani: se le imprese fossero
incentivate ad aumentare i loro investimenti, ad aumentare la loro propensione all’innovazione,
questo sicuramente darebbe un carattere strutturale, insieme a politiche per l’occupazione,
per far riprendere il volano dell’economia.
D. – A suo giudizio questi dati
possono essere ritenuti temporanei?
R. – L’Italia è in una situazione drammatica,
ma è una situazione congiunturale, quindi temporanea. Il che vuol dire che così come
ci sono voluti pochi mesi per arrivare a tassi di disoccupazione elevatissimi, non
dovrebbe volerci molto a recuperare. Questo perché l’Italia ha una manifattura solida,
ha un sistema produttivo solido: siamo la seconda manifattura d’Europa, siamo un Paese
che ha un’enorme vocazione all’export, siamo un Paese che punta moltissimo sulla qualità,
l’idea è di ricominciare a puntare sulla qualità, il che vuol dire innovazione di
processo, di prodotto, investimento su ricerca e sviluppo, stare al passo con i nostri
competitors. Purtroppo, il nostro maggiore competitor nelle esportazioni è la Germania,
che è la prima manifattura d’Europa. La Germania ha visto, durante la crisi, ridursi
gli indicatori di disoccupazione, quindi ha agito in maniera anti-ciclica, ha agito
investendo, avendone le risorse, che noi probabilmente non abbiamo avuto. Ecco, occorre
puntare sul contesto che abbiamo, che è un contesto comunque molto, molto, positivo.
Ripeto, siamo una manifattura che esporta moltissimo, occorre aumentare la produttività,
aumentare la qualità di quello che esportiamo, aumentare il made in Italy, e per questo
ci sono margini enormi nella nostra impresa. Bisogna, quindi, agire contestualmente
su politiche dell’occupazione e su politiche industriali, politiche che incentivino
gli investimenti delle imprese.