I cambiamenti climatici hanno già portato gravi impatti sull’habitat umano e naturale
“in tutti i continenti e gli oceani” danneggiando coltivazioni agricole per l’alimentazione,
diffondendo malattie, sciogliendo i ghiacciai: è quanto denuncia l’ultimo rapporto
dell’Ipcc, il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici, (Intergovernmental
Panel on Climate Change), “Climate Change 2014: Impacts, Adaptation and Vulnerability”,
diffuso ieri da Yokohama. Si tratta - riporta l'agenzia Misna - del secondo di tre
rapporti – il primo rilasciato a Stoccolma il settembre scorso stabiliva che l’uomo
è la “causa dominante” dei cambiamenti climatici – stilato da esperti di tutto il
mondo, in vista dell’appuntamento internazionale del prossimo settembre a New York
per riprendere le trattative per un accordo consensuale sulla riduzione delle emissioni
nocive.
Se alcune regioni del mondo potrebbero presto raggiungere il punto
di non ritorno, altre lo hanno già toccato, stando al rapporto: “Sia le barriere coralline
che gli ecosistemi dell’Artico stanno già sperimentando cambiamenti irreversibili”
si legge nel testo. Particolarmente a rischio sono le popolazioni che vivono nelle
aree costiere o nelle piccole isole, vulnerabili a mareggiate, inondazioni e innalzamento
del livello del mare. Ma anche quelle che risiedono nelle grandi aree urbane rischiano
forti alluvioni nonché ondate di calore estremo.
A rischio è anche la produzione
alimentare: siccità o inondazioni, legate al cambiamento delle precipitazioni, potrebbero
ridurre sensibilmente la produzione agricola ma anche colpire la pesca, a causa dello
squilibrio arrecato dai cambiamenti climatici agli oceani.
Naturalmente, i
rischi non sono distribuiti equamente e a pagare saranno principalmente i poveri,
i giovani e gli anziani. I mutamenti del clima rallenteranno la crescita economica
– avverte ancora il rapporto – creando “trappole della povertà” soprattutto nell’Asia
meridionale e nel sud-est asiatico.
“Ma il più grande rischio potenziale è
che un certo numero di questi scenari si verifichino contemporaneamente, portando
a conflitti e guerre, o trasformando un problema regionale in una crisi globale” ha
evidenziato Saleemul Haq, esperto dell’International Institute for Environment and
Development, fra gli autori dello studio.